A cura di Massimo Ristuccia
(Giovanni Pirelli (Velate, 3 agosto 1918 – Genova, 3 aprile 1973) è stato uno scrittore e uomo di cultura italiano. Pur essendo il figlio primogenito di Alberto Pirelli e nipote del senatore Giovanni Battista, Giovanni lasciò al fratello minore Leopoldo il compito di guidare
il noto gruppo imprenditoriale. Durante la seconda guerra mondiale, in coerenza con le sue idee socialiste, fu un valoroso comandante partigiano. Come scrittore nel dopoguerra scrisse nel 1952 L’altro elemento e una ricerca storica Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana (8 settembre 1943 – 25 aprile 1945) continuato poi con Un mondo che crolla. Lettere 1938 – 1943 (1954, in collaborazione con P. Malvezzi).
Nel 1950 e 1952 ha scritto vari articoli sull’«Avanti!»).
L’AVANTI N. 240 del 10.10.1952 edizione di Torino articolo di Giovanni Pirelli.
LE ISOLE LIPARI: TERRE DIMENTICATE DA TUTTI
Un viaggio in piroscafo per comperare un giornale
Solo nel capoluogo c’è luce elettrica e cinematografo Nei piccoli angoli di questo mondo la gente vive in condizioni primitive.
Mari fermi come un asfalto. Albe gialle e verdi, colori fissi e abbaglianti nel giro del sole, spietato, tramonti gialli e verdi, come uno specchio dell’alba. E’ molto se un alito di Maestrale, dal tocco fin verso il tramonto, increspa le acque. Notti lucide, tese, e il mare nuovamente immobile. Senza cicale; verde non c’è. Senza rane; acqua non c’è. Anche i corvi i gabbiani, padroni delle guglie, e delle pareti, stranamente non gridano. E allora, invece, esplode l’uomo gridando verso la donna. Esplode la donna urlando verso un bambino. Piangono i bambini. L’uomo sdraiato immobile improvvisamente sì alza e picchia il bambino.
Ci chiamano forastieri, o turisti. Ci chiamano anche cristiani. Implicitamente dicono come Carlo Levi, che Cristo s’è fermato a Eboli. Le donne ci toccano gli indumenti. I bambini ci toccano gli oggetti. Tutti insieme ci mostrano le fotografie dei cari estinti e dei cari lontani. Mentre ce le mostrano si fanno in crocchio dietro di noi per guardare ciò che stiamo guardando. Quando mangiamo ci stanno attorno ci guardano. Guai non finire quel piatto (quella montagna) di pastasciutta. Lodare il cibo, sì, ma ogni tanto avanzare una critica, altrimenti le lodi sono state fatte per complimento. Chissà, questi turisti, che cose buone mangiano in città, che cose raffinate. Mangiano quando abbiamo finito. Le donne in piedi, a rate. I bambini per terra, o sulle cassapanche, sull’uscio o nel vicolo. Al tavolo solo gli uomini anziani, dopo aver detto compermesso. Quando il poppante piange, la madre gli scodella il seno. Se possibile non interrompe ciò che sta facendo. Ha scodellato un seno davanti a noi per due o tre giorni; adesso ha preso un poco dì confidenza e ci chiede se è una scostumatezza, se nelle città si fa.
Le ragazze diventano subito donne. Donne, diventano subito macchine da lavoro e da figli. Mogli di contadini o mogli di pescatori, hanno i figli più la casa, più la campagna. Di sola pesca non si vive; quindi, comunque, la donna è anche contadina. Con tanti uomini che sono emigrati, c’è bisogno di altri che aiutino ai remi quando si va a sarpare le nasse o a ritirare i palametri, o le reti: se altri uomini non ci sono, ci sono le donne. Si vedono anche barche di sole donne, che fanno tutto, il remare ed il resto. Sì vedono donne che escono sole in barca per andare al campo a cui sì arriva solo via mare. Remano, tirano la barca a riva, poi la rimettono a mare, remano fino a casa. Quando, costeggiando l’isola di Lipari, si passa davanti a Canneto, ci vien detto che in quel nuvolone che avvolge le cave di pomice lavorano anche donne, molte donne. E anche ragazzini, « carusi».
Ci sono bambine spose che diventano subito mamme vecchie che sono nonne e continuano a diventare mamme. Entrando in una nuova casa c’è da stare attenti; facilissimo attribuire alla figlia un neonato che è della madre, e viceversa.
Se un giovane «rapisce» una ragazza allo scopo di creare la situazione per cui dopo i genitori non possono più dire di no, scappa in una casa abbandonata qualche centinaio di metri più in su. Mentre restano “nascosti”, gli amici di lui e le amiche dì lei (magari anche la mamma di lui o di lei) portano loro il pollo, il coniglio, il cesto d’uva, il fiasco dì vino.
Pare che in ogni isola ci sia almeno una donna la cui porta, se bussata, si apre. Ma non se ne parla. E’ una vergogna dell’isola.
Luisa è andata con Natale (tutti lo sanno) e non solo con Natale. Adesso Luisa è fidanzata con Salvatore, Salvatore (ci dice in confidenza) non ha toccato Luisa. La sposerà quando torna dal militare.
Guai avere una cassetta medicinali, guai essersi accorti che Alessandro ha un piede ferito che suppura. Alessandro esce correndo, medicato e inceronato, e poco dopo ti arrivano altri tre, cinque, dieci bambini, soli o accompagnati dalla madre o dalla sorella maggiore. Ma anche la madre o la sorella maggiore hanno una ferita, un disturbo, cosa potrebbero prendere? A casa hanno il marito che ha una ferita o un disturbo, cosa potrebbe prendere. Torni dal mare e ti trovi un gruppetto che aspetta nella casa dove hai preso la stanza, magari nella tua stessa stanza. Il cerotto si è staccato.
Quella pomata ha fatto tanto bene, non si potrebbe averne un altro poco? Mi dà una spruzzatina di borotalco sul bambino? Basta, basta; non avete il dottore? E’ nell’altro paese, a un’ora di strada. E’ senza medicine. Costa Eccetera eccetera. Ci consultiamo. Un po’ mandiamo via, un po’ provvediamo. Alcuni medicamenti sono esauriti, altrui sono spariti. Una ragazza arriva dicendo che al padre e alla madre, ad entrambi, improvvisamente, gli si strozza il cuore. Vai dal medico. Ma signori… Vai, vai via. Ma signori.. Ci consultiamo. Mandiamo via la ragazza con due cachet di Alca Seltzer (portati con noi nell’eventualità di una sbornia). La notte il padre, con il cuore non più. strozzato, è uscito alle nasse. Ce lo viene a dire la madre, pure lei con il cuore non più strozzato.
Siamo nei giorni di San Bartolomeo, Santo Patrono. Ad ogni imbarco abbiamo, pagato un supplemento di lire 20 « pro solenni festeggiamenti in onore di San Bartolomeo». Ci troviamo a Vulcano, Andrea, che è venuto con noi, vogherà fino a Lipari per comprare la carne che manderà a Filicudi con “l’Ustica”. A Filicudi c’è il padre di Andrea che non può venire a Lipari per i solenni festeggiamenti perchè ha giù le nasse. Il padre di Andrea festeggerà San Bartolomeo mangiando, solo, il pezzo di carne che il figlio gli ha mandato da Lipari.
Finché non: capita quella volta che da Stromboli o Vulcano o Salina o Filicudi o Alicudi prendono il “Civitavecchia”» o “l’ Ustica” e vanno almeno fino a Lipari, non sapranno cos’è una lampadina elettrica o quel, cinematografo di cui sì parla tanto. Non avranno assaggiato un cono gelato. Non avranno sentito rumore di motore (nemmeno d’uno scooter) che non, sia il motore d’una barca o il motorino per caricare le batterie del telegrafo. Avranno sentito la radio dei carabinieri, collegata all’impianto del telegrafo, ma probabilmente non l’avranno mai vista, la « Colomba Bianca » e «Papaveri e Papere» sono giunti da un paio di mesi, portati dai turisti). Potranno arrivare all’età del militare senza aver letto un giornale. Non esiste (salvo che a Lipari) chi venda giornali. Qualcuno ne riceve in abbonamento; i preti, ad esempio, ricevono «Il Popolo» o la «Gazzetta del Sud».
Un intellettuale dì Stromboli a cui chiedo se riceve giornali dice come no?, è abbonato a «Oggi», Dal giornalaio di Lipari l’”Avanti”!» non arriva. Se non c’è (a Lipari) qualche compagno abbonato, in tutte le isole il nome dell’”Avanti”! è sconosciuto. Idem per “l’Unità” Sempre a Lipari scopro una « Lega dei Barcaioli» (e c’è forse qualcos’altro). Nelle altre isole, nessuna organizzazione di partiti, o sindacale, o assistenziale che non sia qualche «Casa dei bambini», (che a Stromboli si chiama ancora “Principe di Napoli”); nella canonica, naturalmente. La sede del comune è Lipari. Le altre isole hanno un delegato. Il comune di Lipari è dc. A chiunque tu chieda come la pensa, ti risponde che di politica non s’interessa.
Questi carusi (sta per guaglioni, bambini). Sono nudi e selvatici; vispi e svelti. Non hanno soggezioni o paure. Puoi svegliarti con tre o quattro di loro, in fila lungo il tuo letto, che ti guardano. Dopo qualche giorno può darsi che ti svegliano carezzandoti un braccio, che quando ti vedono sveglio ti stringano le braccia al collo e ti diano un bacio. Quando riparti, penseresti che ne hanno dispiacere. No, Ti guardano indifferenti, staccati Sei una cosa che è passata, un giocattolo rotto. Quando cominciano a uscire nei campi o alla pesca, sugli undici, dodici anni, diventano subito chiusi, uomini. Non scendono più a fare il bagno. Non si spogliano più davanti agli altri. Non danno confidenza ai turisti.
Hai commesso un’imprudenza. hai detto a Rosaria che saresti andato a fare una fotografia da mandare al marito in Australia. Sono Rosaria e sette figli, sei femmine a, un maschio, più un genero. Arrivi ed è come se arrivasse il lupo. Urlo e fuga generale. Vanno nelle stanze, buttano all’aria i cassoni, tirano fuori il vestito di quando sono andate a Milazzo, tirano fuori le collanine, si contendono lo specchio, il pettine, alcune corrono dall’amichetta dove c’è un altro specchio e un altro pettine. Finalmente cominciano a riaffluire. Ci siamo tutti? Si. No. Si contano,
GIOVANNI PIRELLI