di Massimo Ristuccia
NUOVA STAMPA SERA Martedi 10 – Mercoledi 11 MAGGIO 1949
CATANIA, maggio.
Diciottomila italiani sono eoliani; diciottomila su quarantasei milioni – meno del mezzo per mille – vivono in un arcipelago così minuscolo da rientrare a far parte della provincia di Messina, un arcipelago “fatto in casa”, con don dieci isolette, due bene regolati vulcanetti ed una nave piccina piccina picciò che le collega alla Sicilia cinque volte la settimana e gli altri due si riposa.
Diciottomila eoliani: dove sono andati a finire gli altri! Sessant’anni fa erano in ventitremila ed il meridione d’Italia, com’è noto, ha un indice demografico in preoccupante ascesa; possibile che proprio nelle isolette, lì dove non c’è nulla da fare, siano diventati malthusiani! (Il malthusianesimo è una dottrina economica che, rifacendosi all’economista inglese Thomas Malthus, attribuisce principalmente alla pressione demografica la diffusione della povertà e della fame nel mondo.)
Non è questo. Gli eoliani emigrano. Vanno nelle Americhe del Sud, in Australia, nella Nuova Zelanda. Fanno della strada e la fanno in tutti i sensi; il signor Lamaro, un tempo si chiamava Giuseppe; poi andò in Australia: divenne Joe e ministro di Grazia e Giustizia. E Jose Vincente Tesoriero, da Stromboli, è deputato al parlamento argentino; il senor Domingo Dimattina, anch’esso stromboliano, fu sino a pochi anni or sono condirettore generale delle banche sudamericane. Prosit! Ma quelli che rimangono alle Eolie, cosa fanno! Sbadigliano! Sì e no. Succede qualcosa anche lì, nelle isolette che già furono ricche. Qui bisogna fare un lunghissimo passo indietro per risalire al fenomenale “crac” che rovinò gli eoliani e che fu provocato, un bel giorno dell’Era Neolitica, dalla scoperta del bronzo. Allora le isole costituivano il massimo emporio della ossidiana ch’era un vetro vulcanico trasformato in taglienti lamette ed esportato. Che gli eoliani fossero i nonni o i precursori di mister Gilete è ipotesi da scartarsi quando s’apprende che non alle barbe serviva l’ossidiana bensì alle armi: infatti, la scoperta del bronzo determina il “crac” e l’impoverimento delle isolette le cui importazioni, oggi, riguardano tutto, mentre l’esportazione si limita alla pomice, al vino Malvasia, ed ai capperi. Che capperi! I migliori del mondo! Alle Eolie, una sola cosa è più importante dei capperi; il vento, le correnti d’aria. Mai visto qualcuno arricchirsi esportando uva passolina , pietra pomice e capperi! Povera è anche la fauna delle isole: quattro conigli selvatici e decisamente malthusiani, ma ricca è la fauna marittima. Il Circolo Siciliano dei Cacciatori Sottomarini (quei tipi che nuotano con la maschera ed il fucile con le frecce) ha sede a Palermo e le basi nelle Eolie. A questo Circolo appartiene Gianfranco Alliata di Montereale, italo-brasiliano, principe, deputato e autore di una monografia sulla pesca subacquea delle Eolie.
Noi italiani siamo quelli delle idee splendide; quando c’è un magnifico posto ne potenziamo il turismo impiantandovi penitenziari o un confino di Polizia. Così a Lipari, l’isola maggiore dell’arcipelago. (Quei poveri contadini di Montelepre posti nell’angoscioso dilemma di andare nelle isole qualora tacciano su Giuliano o all’altro mondo qualora parlino, quei poveri contadini i quali finiscono per scegliere le isole, che son di questo mondo, non vanno a Lipari per ragioni di economia sui trasporti : Favignana, infatti appartiene alle Egadi; un altro arcipelago “fatto in casa” dipendente dal prefetto di Trapani). A Lipari, durante il passato regime, piovve gente da tutte le parti: erano i “confinati”, con libertà di movimento sino alle ore del tramonto e dieci lire al giorno. I politici soffrivano, i non-politici affatto. Nel 1940 vi fu uno strozzino di Catania che andò a consultare un avvocato. “Mi conosce?” gli chiese. L’avvocato non ricordava e lo strozzino spiegò che anni prima, all’avvocato, aveva prestato del denaro. L’avvocato allora ricordò e ricordò anche il tasso di interesse. Disse lo strozzino: “Non parliamo di questo ma del mio caso”. Il suo caso era quello di uno che condannato a dieci anni di isole no era stato “sfrattato” dopo sette per buona condotta. “Alle isole” disse “mi davano dieci lire il giorno e la ricotta fresca. Qui cosa diavolo faccio? Il mio mestiere no di certo giacchè non son più tempi…..”. “Avvocato” urlò “che Legge è questa. Se m’han dato dieci anni debbono farmeli finire!….”.
La seconda delle isole è Vulcano. E proprio un vulcano ad emanazione solfatara i cui 400 abitanti vivono in una sottile striscia di terra ai suoi piedi : l’unica ove si possa posar qualcosa sensa il pericolo di vederla rotolare.
Vulcano, secondo me, è inglese. O se non è inglese è un pasticcio. Risulta infatti che l’isola fu acquistata nel 1850 dallo scozzese Stevenson (*) per una industria sui derivati dello zolfo e dell’allume. No risulta che sia stata ricomprata da un italiano . Che nel 1860 vi sia stata l’unità d’Italia non importa poiché in provincia di Catania la Ducca di Nelson, regalata da Ferdinando I di Borbone a Orazio Nelson, è ancor oggi proprietà inglese ed ancor oggi v’abitano i Nelson. Dice: proprietà non vuol dire sovranità. Giusto; ma quando si è proprietari di una intiera isola: il proprietario non può far ciò che vuole! Chi mi impedisce di incoronarmi re di casa mia!
Chi potrebbe oggi impedire al pronipote del signor Stevenson, d’arrivare a Vulcano con una bandiera e la guardia armata! Pirandello narra di quel nobile agrigentino che non riconobbe i Savoia ed ancora nell’ottantasei teneva un corpo di guardia in uniforme borbonica: lo teneva in campagna, entro i confini di una sua proprietà: chi poteva impedirglielo!
Poi c’è Salina, con 4000abitanti e tre sindaci, il che significa tre comuni. C’è Panarea con 600 abitanti, il suolo caldo e multicolore, e la “Caldaia”: fenomeno determinato dalle fumarole sottomarine. C’è Alicudi, Filicudi, Lisca Binaca e Lisca Nera (Basiluzzo), c’è Strombolicchio ch’è soltanto uno scoglio alto cinquanta metri con una scala, un faro, ed una terrazza panoramica per….balli pubblici.
C’è infine Stromboli con i suoi mille stromboliani ed un vulcano ch’è forse il più attivo d’Europa ma che non fa male a quelli di casa; lancia tutto in mare sopportando che sui propri fianchi vengan piantati filari di viti o che sul proprio cratere giunga la troupe Rossellini-Bergman e i pettegolezzi di due continenti. Succede qualcosa anche lì, nelle isolette: non ve l’ho già detto?….
Massimo Simili
(*) Lo scozzese Stevenson costruì case in muratura per gli operai dentro la voragine cratere. Una formidabile esplosione lanciò tutto per l’aria(vedi: “Famularo “Le Isole Eolie”.)
(Massimo Simili nasce il 16 febbraio del 1913 a Catania e sembra sia stato lui ad enunciare che il primo articolo della nostra Costituzione, riveduto e corretto umoristicamente, sia: “L’Italia è una democrazia fondata sul lavoro degli altri”, ed invero non c’è italiano che si rispetti che così non l’abbia ripetuto almeno una volta. Tuttavia il suo nome non dice quasi nulla, ma negli anni Cinquanta e Sessanta ha conosciuto un successo straripante nell’ambito della letteratura umoristica. Oggi è fatica sprecata cercare nei manuali di letteratura notizie sul suo conto. Per gli studiosi delle carte isolane, Simili non è mai esistito. Provate però a compulsare un catalogo Rizzoli: lo scrittore e giornalista catanese è ben presente, con una sfilza di titoli impressionante.)