(Ansa) La Guardia di Finanza di Messina ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di tre persone (due poste ai domiciliari, la terza ha la misura interdittiva della capacità di contrarre con la Pubblica Amministrazione), indagate, a vario titolo, per una serie di fatti corruttivi nell’ambito dell’aggiudicazione e dell’esecuzione di appalti, promossi dal commissario di governo contro il dissesto idrogeologico per la Regione Sicilia.
Ai domiciliari è stato posto anche l’attuale consigliere comunale di Messina Maurizio Croce, che era candidato a sindaco nelle ultime elezioni amministrative con il Centrodestra ed ex commissario per il dissesto idrogeologico.
L’indagine scaturisce dal controllo disposto dal Prefetto di Messina, nel cantiere dei lavori di “riqualificazione ambientale e risanamento igienico dell’alveo del torrente Cataratti – Bisconte e opere varie nel Comune di Messina”.
Il comunicato della GdF
In data odierna, il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Messina ha dato esecuzione ad un’ordinanza
di custodia cautelare nei confronti di tre soggetti (2 dei quali, destinatari della misura degli arresti domiciliari, il
terzo, della misura interdittiva della capacità di contrarre con la Pubblica Amministrazione), indagati, a vario
titolo, per una serie di fatti corruttivi concernenti l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti, promossi dal
Commissario di Governo contro il dissesto idrogeologico per la Regione Sicilia.
L’indagine scaturiva dal controllo disposto dal Prefetto di Messina, eseguito dal Gruppo Interforze, ai sensi
dell’art. 93, Testo Unico Antimafia del 2011 (strumento di prevenzione delle infiltrazioni della criminalità
organizzata di tipo mafioso negli appalti pubblici), presso il cantiere dei lavori di “riqualificazione ambientale e
risanamento igienico dell’alveo del torrente Cataratti – Bisconte e opere varie nel Comune di Messina”.
In tale contesto, veniva in evidenza il ruolo di un soggetto, gestore e rappresentante di fatto dell’impresa
esecutrice, cui risultava affidato il cantiere; soggetto che, da ulteriori accertamenti, risultava essere già stato
indagato per traffico di influenze illecite, aggravata dal metodo e dalla finalità mafiosi, nell’ambito di indagini
coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro alcuni anni orsono.
Sulla base di quanto inizialmente emerso, la componente Guardia di Finanza del citato gruppo interforze aveva
avviato ulteriori approfondimenti investigativi, al fine di esaminare le modalità di gestione dell’appalto pubblico.
Venivano, conseguentemente, approfondite le investigazioni, anche di natura tecnica, sotto la direzione ed il
coordinamento della Procura di Messina, che, immediatamente, facevano emergere il coinvolgimento di
componenti della stazione appaltante, pubblici ufficiali, in accordi illeciti con il gestore dell’impresa esecutrice
dei lavori.
In dettaglio, gli accertamenti di polizia giudiziaria consentivano di disvelare l’esistenza di un rapporto
privilegiato, consolidatosi nel tempo, tra il vertice della struttura commissariale e il rappresentante legale
dell’impresa esecutrice dei lavori. Quest’ultimo, infatti, al fine di ottenere una più favorevole e celere gestione
delle fasi esecutive dell’appalto, ovvero di garantirsi future commesse pubbliche, in accordo con il vertice della
struttura commissariale, prometteva ed erogava utilità varie ai funzionari incaricati di sovrintendere all’opera e,
segnatamente, sia al direttore dei lavori che al funzionario incaricato di validare i lavori svolti. Concretamente, le
utilità consistevano nell’effettuazione di lavori edili presso abitazioni private risultate nella disponibilità dei
medesimi funzionari pubblici, per importi complessivi quantificati in circa 80 mila euro; nonché, nel caso del
funzionario impiegato direttamente presso la Struttura Commissariale, nel pagamento di tasse universitarie, per
un corso di laurea che il medesimo funzionario intendeva frequentare, per un valore di oltre 7 mila euro.
Si appurava altresì che lo stesso vertice della Struttura Commissariale, avendo preso parte ad una competizione
elettorale, aveva ricevuto dall’imprenditore, per il tramite di un fidato intermediario, benefici economici sotto
forma di finanziamenti, illeciti, della campagna elettorale, per oltre 60 mila euro. In questo senso, al fine di
scongiurare il rischio della ricostruzione della provenienza dei finanziamenti, l’imprenditore, attraverso un
meccanismo di fatturazione per operazioni inesistenti, solo formalmente, intestate alla contabilità dell’appalto
pubblico, aveva costituito la provvista finanziaria in capo ai responsabili di ulteriori imprese, con cui aveva
ordinari rapporti economici, affidando loro il compito di effettuare i pagamenti a sostegno della campagna
elettorale. Da qui la contestazione provvisoria, mossa agli indagati, anche del delitto di illecito finanziamento ai
partiti, di cui alla legge 195 del 1974, essendo emerso che i contributi venivano corrisposti, senza che degli stessi
vi fosse traccia nelle deliberazioni sociali e nei bilanci delle ditte private coinvolte.
Queste condotte, inoltre, chiarivano la volontà dell’imprenditore di tentare di reperire le risorse utili alla
conclusione degli accordi corruttivi, facendole pesare direttamente e indebitamente sui costi dell’appalto
pubblico, di cui era affidatario.
Ancora, si documentava come il rappresentante di fatto della società affidataria dell’appalto avesse acquistato un
orologio Rolex Daytona del valore di oltre 20 mila Euro in favore della persona che intermediava le dazioni
illecite a favore della menzionata campagna elettorale ed effettuava, sempre a beneficio di quest’ultimo, lavori di
ristrutturazione presso un noto negozio di abbigliamento sito in Messina, per un valore di oltre 30 mila euro; e
ciò al fine di remunarne l’illecito compito.
Da ultimo, sempre su richiesta del vertice della struttura commissariale, e, in questo specifico caso, con
l’intermediazione di un diverso soggetto privato legato da rapporti di fiducia al Commissario, la società
appaltatrice effettuava importanti lavori di messa in sicurezza presso una rinomata struttura ricettiva privata, per
un importo di quasi 100 mila euro.
In conseguenza dei molteplici illeciti attribuiti al rappresentante legale della società affidataria dell’appalto
pubblico, sono stati altresì contestati alla stessa compagine privata gli illeciti di cui al decreto legislativo 231 del
2001 (Responsabilità amministrativa dell’impresa derivante dalla commissione di reati dei propri amministratori
o dipendenti).
Nel corso delle indagini, inoltre, una mirata attività di perquisizione delegata dalla Procura della Repubblica ha
impedito la consumazione di due distinte fattispecie di truffa:
– la prima, la c.d. “truffa dei pali”, consistita nel collocare presso il cantiere, sfruttando la difficoltà di rilevare la
difformità tra il dato formale/progettuale e quello reale, un numero di pali inferiore rispetto a quello previsto dal
progetto (ben 291 pali in meno), per ottenere un maggiore ed indebito esborso di somme, a suo favore, per un
valore di oltre 1.200.000 mila euro;
– la seconda, consistita nel simulato conferimento a discarica di rifiuti provenienti dal cantiere Catarratti –
Bisconte (terre e rocce da scavo), riguardante, di contro, materiale proveniente da un diverso cantiere gestito
dalla società esecutrice dell’appalto pubblico e posto all’interno di un immobile di proprietà di un privato, in
modo da consentire all’impresa di richiedere il rimborso a carico della stazione appaltante ed ottenere,
contestualmente, il pagamento dello smaltimento realmente avvenuto anche dal citato committente privato.
Sono in corso di esecuzione, contestualmente, sequestri pari al profitto dei vari reati ascritti agli indagati, per
l’importo complessivo pari a oltre 230 mila euro (comprensivi del valore dell’orologio oggetto di indebita
regalia).
Quanto sopra, ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca, costituzionalmente garantito e nel rispetto dei diritti
degli indagati che, in considerazione dell’attuale fase delle indagini preliminari, sono da presumersi innocenti
fino alla sentenza irrevocabile che ne accerti le responsabilità e con la precisazione che il giudizio, che si
svolgerà in contraddittorio con le parti e le difese davanti al giudice terzo ed imparziale, potrà concludersi anche
con la prova dell’assenza di ogni forma di responsabilità in capo agli indagati medesimi.