C O M U N I C A T O S T A M P A
Il 5 maggio si è tenuta a Roma l’Assemblea nazionale dei Comuni delle Isole minori, i temi fondamentali all’odg erano: bilancio di previsione, la riforma della scuola ed il Documento unico di programmazione.
I Sindaci hanno espresso viva preoccupazione per l’ulteriore contributo al Fondo di solidarietà nazionale che viene loro richiesto, perché è così gravoso che non permetterà di approvare i bilanci di previsione che sono in itinere
La quantificazione del 2015, fatta dal Ministero del tesoro, vede quasi raddoppiato rispetto al contributo del 2013 il contributo che i piccoli Comuni delle Isole minori dovrebbero riversare allo Stato.
Se non ci sarà una correzione delle proiezioni fatte dal Ministero del Tesoro questo comporterà che i Sindaci debbano aumentare la pressione fiscale dei proprio cittadini fino ad arrivare circa al 47% per poter mantenere i servizi essenziali-.
I Sindaci sostengono di non poterlo fare per due motivi:
1. i servizi essenziali, nelle Isole minori, sono già erogati in modo difforme, in negativo, rispetto a quelli della terraferma;
2. non viene più attuato il principio, contenuto nei decreti legislativi sul federalismo fiscale, che prevedeva che i Comuni delle Isole minori avessero un 20% in più rispetto al generale riparto del Fondo nazionale per effettuare quella perequazione “verticale” sancita dal V° comma dell’art. 119 della Costituzione.
Esso prevede che alcuni Comuni siano destinatari di risorse aggiuntive per interventi speciali volti a garantire la coesione e la solidarietà sociale, l’effettivo esercizio dei diritti alla persona e per promuovere lo sviluppo economico.
Questa parte della Costituzione non solo è disattesa, come dice il Presidente ANCIM Mario Corongiu e tutti i Sindaci delle Isole minori, ma viene richiesto un maggiore contributo sul fondo di solidarietà senza che ci sia una corretta perequazione in fase di riparto e quindi di ritorni finanziari.
Come è noto nei Comuni insulari i servizi essenziali quali quelli della scuola, la sanità ed i trasporti non sono garantiti in modo adeguato né pari a quelli assicurati negli altri Comuni della terraferma.
I Sindaci delle Piccole isole italiane chiedono che il Governo:
– riconsideri il quantum da riversare sul Fondo di solidarietà nazionale e chiedono che di quest’ultimo venga fatto un riparto più equo rispetto al contesto generale;
– riveda, anche attraverso una circolare interpretativa, la parte dell’art. 1, comma 484 della legge n. 190/2014 che prevede che gli spazi concessi agli Enti Locali, nell’ambito del Patto di stabilità verticale, possa essere destinato solo al pagamento di debiti di parte capitale maturati al 30 giugno 2014.
Questa disciplina restrittiva penalizza i Comuni più dinamici.
La norma contenuta nella legge sul federalismo fiscale non è restrittiva e si limita a prevedere solo la possibilità, da parte delle Regioni, di cedere proprie quote del Patto di stabilità.
Sul ddl scuola, pure apprezzando l’obiettivo di riformare il sistema scolastico anche dando maggiore autonomia, tuttavia, il testo attualmente in discussione non risolve tutti i problemi che, da sempre, i Sindaci delle Isole minori hanno rappresentato al Ministero della Pubblica Istruzione.
Viene anche rilevato che la sua attuazione potrebbe vedere aggravata la situazione con il proliferare delle pluriclassi, la conseguente riduzione delle cattedre, il peggioramento dell’offerta formativa, come afferma il Sindaco di Ustica Attilio Licciardi.
Hanno, perciò, predisposto alcuni emendamenti da presentare in Parlamento ed hanno chiesto alla Commissione Istruzione della Camera di essere auditi per poter illustrare le peculiari problematiche della scuola nelle isole.
Come ultimo punto, ma non certo per importanza, hanno discusso sulla programmazione fatta circa un anno fa ed inviata alla Presidenza del Consiglio ed al Dipartimento Politiche di Coesione e sul quale non ci sono ancora risposte attuative.
Da circa un anno i comuni delle Isole minori hanno elaborato un programma di interventi pubblici e privati da realizzare nei propri territori.
I progetti indicati, anche con schede procedurali ed analisi swat, sono cantierabili e svilupperebbero nuova occupazione proprio in aree caratterizzate da grave crisi economica ed occupazionale sia giovanile che femminile.
Tuttavia, rilevano i Sindaci insulari, pure essendosi attivati celermente per la nuova programmazione 2014/2020, non sono stati messi in grado di dare corso al notevole lavoro fatto dai cittadini e dai territori locali, evidenziano il forte interesse, da parte della nuova Agenzia per le politiche di coesione, per questa iniziativa che potrebbe essere pilota a livello nazionale e nel Mediterraneo, ma questa attenzione e condivisione non si è ancora tradotta in una precisa individuazione finanziaria.
I sindaci, anche per dare corso alla loro programmazione, sollecitano il Governo a definire l’importo da destinare ai progetti in essa contenuti.
I Sindaci ricordano, inoltre, che questa loro programmazione viene fatta in modo unitario anche con alcune isole del Mediterraneo aderenti al GECT Archimed e questo costituirebbe il primo vero esempio di cooperazione allo sviluppo ed alla coesione europea non episodica, ma continuata.
Il modello che si vuole realizzare costituirebbe anche il primo passo verso un modo nuovo di intendere l’Unione Europea.