Per la Filcams, categoria del Turismo della Cgil, oltre al danno, la beffa: una strumentalizzazione che colpisce chi più sta subendo gli effetti della crisi. Secondo i dati forniti dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nei comparti della ristorazione e dell’alloggio tassi di irregolarità superiori al 70%, il Turismo il settore dove si concentra il numero maggiore di violazioni.
Per la Filcams, desolanti e al tempo stesso sorprendenti le dichiarazioni di imprenditori ed associazioni datoriali, diffuse negli ultimi giorni dagli organi di informazione, che hanno avviato una sorta di dibattito rispetto ad una presunta indisponibilità, nel contesto delle riaperture, a tornare al lavoro da parte dei lavoratori del Turismo.
Secondo la Filcams, sono in realtà le centinaia di migliaia di lavoratori della filiera turistica e della Cultura che, a causa della crisi senza precedenti del settore, si ritrovano senza occupazione da più di un anno o, nella migliore delle ipotesi, in ammortizzatore ininterrottamente dall’inizio della pandemia; camerieri, baristi, receptionist, custodi, cameriere ai piani, cuochi, ai quali, oggi come nel Turismo della pre pandemia, vengono imposte forme di lavoro irregolari o in nero e condizioni di lavoro insostenibili, in termini salariali, di diritti e tutele e sul versante della salute e della sicurezza (all’ordine del giorno, turni di lavoro più lunghi rispetto a quanto attestato in busta paga, anche il doppio rispetto alle ore dichiarate; ferie non pagate; riposi non concessi…)
“Dichiarazioni che rasentano la provocazione”, dichiara Fabrizio Russo, segretario nazionale della Filcams, “che coinvolgono lavoratori costretti dalle imprese ad una condizione di precarietà ormai strutturale – stagionali, somministrati, in appalto, a chiamata, a tempo determinato, terziarizzati -, stremati dalla crisi e che oggi vengono, nei fatti, accusati di non aver voglia di lavorare”.
“Un discussione cha banalizza una situazione già di per sé drammatica e che riguarda la vita di milioni di persone”, continua Russo, “il tema non è se i lavoratori del Turismo privilegino il reddito di cittadinanza al lavoro, piuttosto determinare le condizioni per garantire finalmente un’occupazione regolare, stabile e dignitosa per quegli stessi lavoratori che ne sono stati privati per troppo tempo”.
“Per quanto ci riguarda”, conclude il segretario, “in una situazione che per il settore continua ad essere di forte difficoltà, un nuovo modello di Turismo, inclusivo e sostenibile, può essere definito soltanto salvaguardando occupazione e professionalità e quindi, in primo luogo, attraverso un’ulteriore proroga degli ammortizzatori in deroga e del blocco dei licenziamenti. Sono questi i presupposti per consentire la ripresa delle imprese “virtuose” della filiera, che operano in un regime di legalità, non applicano Contratti Nazionali “irregolari” e che, peraltro, non ci risulta abbiano problemi di sorta in termini di assunzioni.”