Vulcano, tra proibizionismo e misure non attuate: il Comitato chiede spiegazioni
Alla Commissione Nazionale dei Grandi Rischi
Al Capo del Dipartimento della Protezione Civile Nazionale
Al Capo del Dipartimento della Protezione Civile Regionale
Ai Delegati di INGV, ARPA e ISPRA
Al Presidente della Regione Sicilia
Al Sindaco del Comune di Lipari
Alla Componente Privata del Comitato per la Salute Pubblica
Oggetto: Richiesta di una Gestione Socialmente Responsabile dell’Emergenza Isola di Vulcano
“In Italia abbiamo una vecchia esperienza delle “catastrofi che si abbattono sul paese” ed abbiamo
una certa specializzazione nel “montarle”. Terremoti, eruzioni vulcaniche, inondazioni, nubifragi,
epidemie… Indiscutibilmente gli effetti sono sensibili soprattutto sui popoli ad alta densità e più
poveri, e se cataclismi spesso più terrificanti assai dei nostri si abbattono su tutti gli angoli della
terra, non sempre tali sfavorevoli condizioni sociali coincidono con quelle geografiche e
geologiche.”
Amedeo Bordiga, “Omicidio dei morti” (1951).
Alla luce delle varie ordinanze emesse dall’inizio dell’emergenza dell’isola di Vulcano cominciata
nel 2021, e in aggiunta al documento del 01/06/2022 “segnalazioni e richieste formulate dalla
componente privata del Comitato per il coordinamento delle misure per la tutela della salute e
dell’incolumità pubblica dell’isola di Vulcano, costituito con Ordinanza di Protezione Civile n. 854
del 27 gennaio 2022” con il quale concordiamo in molti punti, segnaliamo quanto segue:
Le decisioni assunte a mezzo di ordinanze urgenti e contingibili riguardanti le misure di prevenzione
e assistenza alla popolazione per il rischio vulcanico, i cui effetti si sono fatti sentire sull’isola anche
nel corso del recente ponte del 2 Giugno, sono all’origine del silenzio che si registra ogni giorno sul
nostro porto e sulle nostre strade. Apprezziamo il fatto che le autorità competenti si stiano
preoccupando della nostra salute e sicurezza, ma le politiche straordinarie adottate stanno portando
ripercussioni pregiudicali al benessere economico e sociale dell’isola. Aliscafi pieni di visitatori e
turisti viaggiano da e per tutte le isole, ma pochissimi scendono sull’isola di Vulcano, ancor meno
coloro che soggiornano in alberghi e B&B. Simultaneamente, numerosi operatori turistici stanno
segnalando molte cancellazioni sulle prenotazioni ricevute nei loro hotel, ristoranti ed altre strutture
diservizi turistici, oltre a non ricevere prenotazioni per il resto della stagione. Altri, ricevono chiamate
di clienti che soggiornano a Vulcano da anni e anni, chiedendo consigli su dove alloggiare o affittare
motorini e imbarcazioni su altre isole dell’arcipelago. L’isola sta perdendo vecchi affezionati e nuovi
visitatori, noi stiamo perdendo il pane quotidiano. Intanto, il tema di rimborsi per coloro che stanno
subendo danni economici diretti e collaterali dovuti alle ordinanze attuali, non è mai stato toccato
dalle autorità competenti, generando ancor più preoccupazione fra gli isolani.
Siamo approssimativamente 600 abitanti fissi sull’isola, ma a livello istituzionale si contano circa
1000 persone residenti, fra le quali esistono imprenditori che hanno investito sul territorio, e turisti
affezionati che, da tante parti d’Italia, vengono ogni anno a rilassarsi nelle nostre acque termali.
Durante la stagione estiva, e grazie al turismo che sostiene l’economia dell’isola, raggiungiamo una
popolazione di gran lunga superiore, ma temiamo che quest’anno, come in futuro, l’afflusso si riduca
allo stremo dovuto alla pericolosa gestione nazionale della situazione dell’isola da ormai quasi un
anno, per la quale rischiamo di non poter racimolare il minimo indispensabile che ci permetterà di
soddisfare i fabbisogni delle nostre famiglie fuori stagione.
A livello mediatico, i provvedimenti emessi hanno fomentato della pubblicità negativa basata
sull’allarmismo immediato che, nostro malgrado, nutre il successo di molte testate giornalistiche,
terrorizzando il pubblico turistico senza pensare alle conseguenze per coloro che vivono sull’isola,
vivono grazie all’isola e vivono per l’isola.
Quando tutto cominciò era fine stagione, e abbiamo sopportato molto composti, onde evitare di creare
ulteriore pubblicità negativa per l’isola. Il problema principale pare derivasse dall’emissione geofisica
di gas, soprattutto CO2, SO2 e H2S, che ci hanno detto essere aumentati, oltre all’eventualità di
esplosioni freatiche che potrebbero avvenire in qualunque istante. In nessun momento queste
informazioni sono state supportate da dati scientifico-storici comparati che facessero mettere il cuore
in pace agli isolani, né tanto meno si è parlato di possibili soluzioni per coloro che, al perdere il
turismo, avrebbero perso l’unica fonte d’ingresso che li sostiene.
Prendendo per buona questa cosa, quando a dicembre ci hanno detto che dovevamo pernottare fuori
dalle nostre abitazioni e in altre aree dell’isola, siamo andati in silenzio a dormire nelle case di parenti
e amici che si sono ovviamente trovati a disagio per la situazione, mentre chi non aveva la possibilità
di essere ospitato, è dovuto andare in affitto nelle strutture alberghiere locali, alle quali era stata
promessa una compensazione per il servizio offerto in solidarietà agli abitanti (compensazione che a
distanza di molti mesi non è ancora pervenuta). Anche in quel caso, abbiamo accettato mestamente
quest’imposizione che era stata decretata dall’alto per la nostra ‘incolumità’, anche perché girava
voce che questa fosse la via meno problematica rispetto alle proposte di evacuazione dell’isola che si
evincono nelle conclusioni del prot. n. 60781/DG/DRPC Sicilia del 18/11/2021, un documento
estremamente allarmante per la popolazione.
Intanto, sono aumentati i monitoraggi dell’aria e del mare, qualche agente della protezione civile e
diversi vulcanologi in più iniziarono a farsi vedere sull’isola, mentre a livello istituzionale ci
promisero di collocare rilevatori di gas nei posti più sensibili, nelle abitazioni e nelle attività turistiche,
anche questi finora mai arrivati. Questo sì, sono state installate due stazioni di rilevamento (di cui una
già non funziona), e si è fatta una prova di evacuazione per la quale si sono spesi migliaia e migliaia
di euro per l’arrivo di forze armate di qualunque tipo e rango, che neanche per la Festa della
Repubblica a Roma si organizza una parata di tali dimensioni. Allo stesso modo, la messa in sicurezza
dei pontili di emergenza che ci era stata promessa, e la sistemazione delle strade che conducono a
questi spazi che sono indispensabili in caso di un’emergenza maggiore, resta ancora incompiuta.
Come siano stati utilizzati i cinque milioni stanziati allora, come anche i dieci milioni di cui si parla
adesso, è per noi un completo mistero.
Passata l’emergenza di inizio anno, i bollettini giornalieri e settimanali emessi dall’INGV, l’ARPA e
l’ISPRA hanno offerto dati che registravano il rientro dei valori a livelli stabili e assolutamente non
allarmanti. Nonostante ciò, la scalata del vulcano che era stata interdetta ad ottobre del 2021, continua
ad esserlo al giorno d’oggi, con il rischio di 500 euro di multa per chi infrangesse l’ordinanza.
Sottolineiamo che molti turisti non sono a conoscenza di tale provvedimento, vista la pessima
segnalazione della suddetta proibizione, il che ha creato ulteriori disagi e, come si è già visto, ha
portato a scandali mediatici. Anche in questo caso, il proibizionismo ha prevalso su qualunque
alternativa che prevedesse una continuazione della vita dell’isola, dato che sarebbe invece possibile
regolamentare la scalata al vulcano mediante l’adozione di un piano che preveda, per esempio, la
scalata al cratere con accompagnamento di guide vulcanologiche professionali nei giorni in cui le
condizioni geofisiche e metereologiche lo permettano.
Ad oggi, abbiamo un’isola parzialmente interdetta, vista l’emissione dell’ordinanza che vieta
l’accesso alla Baia di Levante, la quale è stata rudimentalmente chiusa con del nastro di plastica rosso
e bianco e (più recentemente e solo in un’entrata alla spiaggia) delle transenne prive di qualunque
indicazione. Nonostante la presenza dell’ordinanza che punta al divieto e non ad un accesso
controllato, la spiaggia pullulava di turisti che infrangevano la legge e mettevano in rischio la propria
salute (nonostante nessun malore sia stato riportato nel periodo in questione, come neanche dall’inizio
dell’emergenza).
La chiusura della Baia di Levante sarebbe dovuta ad un incremento dell’attività gassosa anche in
mare (non rilevato in terraferma), un fenomeno che è stato descritto mediaticamente come insolito
(acque bianche e lattiginose), ma che a periodi intermittenti è sempre stato presente in quella spiaggia,
soprattutto in giornate di vento proveniente da est. I rilevamenti da cui è partita l’ordinanza sono stati
fatti precisamente in un giorno come questo, mostrando indici elevati e creando allarmismo. Le
ordinanze non possono basarsi su rilevamenti estemporanei relativi a un evento eccezionale, ma
dovrebbero considerare le variazioni che avvengono in periodi più estesi, valutare le condizioni
meteomarine, e compararsi con dati scientifico-storici estensivi. Inoltre, non capiamo come la
delimitazione indicata nell’ordinanza possa assicurarci che, in caso di fenomeni estremi, le aree al di
fuori di questo perimetro sarebbero al sicuro, considerando anche che alcune sono densamente
transitate. Sentiamo tanto parlare di un’emergenza, ma finora ci sembra che non ci siano stati forniti
gli strumenti per affrontare i rischi che eventualmente comporta. Siamo cittadini comuni, non
abbiamo assolutamente la presunzione di avere conoscenze maggiori dei vulcanologi e i geologi; ciò
che chiediamo è una gestione dell’emergenza che ci lasci continuare a vivere, a nutrire i nostri figli.
Il punto qui, è che nessuno è mai morto nelle nostre acque. Mai nessuno ha sofferto del degassamento
naturale che, in concentrazioni normali, risulta tollerabile e addirittura terapeutico. La temperatura, il
pH, e i parametri chimico-fisici rilevati il 26/05/2022 non sono dissimili da quelli di acque termali
ubicate in tutti gli angoli d’Italia e del pianeta, e nella zona centro e nord della spiaggia sono
addirittura simili a quelli delle acque del Mar Tirreno e del Mar Adriatico. Molti abitanti dell’isola
ricordano quantità maggiori di ‘fumarole’ in spiaggia e sul vulcano negli anni Ottanta e Novanta,
anche se allora la vita degli abitanti e dei turisti proseguì nella normalità, senza scandali mediatici o
politiche drastiche. Ci sono innumerevoli foto della spiaggia scattate negli anni passati che mostrano
un mare bianco come lo è ora. Questo fenomeno è nuovo soltanto per chi ha deciso di sfruttare
politicamente e mediaticamente l’emergenza a scapito della popolazione.
In conclusione, sottolineiamo che non vogliamo negare il fatto che l’isola si trovi in un momento
delicato a livello geofisico e vulcanologico, né screditare il lavoro svolto dalle autorità competenti,
ma la chiusura graduale dell’isola non può essere la soluzione alla situazione che stiamo vivendo,
motivo per il quale richiediamo attentamente la revoca o modifica delle ordinanze relative all’isola
di Vulcano. Proponiamo invece possibili scenari alternativi.
Limitare ogni divieto, se necessario, alla sola porzione della Baia di Levante che ancor oggi dovesse
essere interessata da fenomeni di degassamento straordinario, come già avvenuto in passato. I
rilevamenti eseguiti dai ricercatori dell’INGV il 26/05/2022, in forza dei quali avete decretato il
declino sociale ed economico della nostra isola, non sono diversi da quelli narrati sulla relazione del
C.N.R. – Gruppo Nazionale per la Vulcanologia – del 23/06/1984. È sufficiente raffrontare la mappa
allegata all’ordinanza n. 378 del 26/10/1984, firmata dall’allora Sindaco del Comune di Lipari, con i
disegni e le immagini del rapporto tecnico-scientifico del 01/06/2022 redatto dall’INGV, per
accorgersi che la condizione del Vulcano oggi è quasi identica a quella del 1984. Le conseguenze,
che dipendono soltanto dalle Vostre decisioni, sono differenti: ieri “è fatto divieto di sostare nella
zona di Vulcano Porto, di sedersi o sdraiarsi nelle zone di concentrazione dei gas a livello del suolo
ed è fatto divieto assoluto di ogni forma di campeggio nelle zone di Vulcano Porto, circoscritte nella
mappa allegata alla presente Ordinanza”; oggi “interdizione dell’intera Spiaggia di Levante e dello
specchio acqueo in località Acque Calde”. Questo ha portato un danno incalcolabile per le attività
presenti sulla spiaggia e sul mare: la scuola di kayak, il noleggio imbarcazioni, i chioschi e i noleggi
degli ombrelloni hanno dovuto chiudere; i loro dipendenti hanno perso il lavoro o stanno lavorando
comunque ma con un datore di lavoro che non può più permettersi di pagargli un salario. I danni
collaterali per tutte le attività dell’isola sono anch’essi enormi.
L’osservazione della foto pubblicata dall’INGV, mostra che il “degassamento impulsivo” ha riguardato soltanto una porzione del tratto di mare antistante la spiaggia nelle vicinanze del faraglione, motivo per il quale non comprendiamo il perché sia imposto il divieto di accesso su tutta la baia. Ancor meglio che chiudere una parte della spiaggia, ove le condizioni permettessero, sarebbe chiudere unicamente le piccole zone marine circostanti ai degassamenti attuali nelle zone centro e sud della spiaggia, visto che come già menzionato, i turisti hanno finora continuato a recarsi nella suddetta baia, e godersi un idromassaggio giusto nei punti più rischiosi segnalati dai vulcanologi.
Piuttosto che cercare soluzioni che coniughino le avvertenze sanitarie necessarie con il benestare
sociale ed economico della popolazione locale, le autorità competenti hanno preso la strada di un
cieco proibizionismo che non considera le problematiche e le necessità degli isolani, chiudendo le
porte allo sviluppo di possibili soluzioni che non soffochino l’unico settore che sostiene gli abitanti.
Occorre sostituire i divieti puri e semplici con il posizionamento di operatori specializzati per il
controllo e infrastrutture che possano monitorare gli sviluppi dell’attività vulcanica giorno dopo
giorno, notificando la popolazione in caso di un’emergenza reale e immediata. Lo stesso bollettino
dell’INGV emesso il 07/06/2022 indica che “Il raggiungimento di tali livelli di CO2 appare comunque
fortemente dipendente dall’intensità delle esalazioni dal suolo e dalle condizioni meteorologiche,
entrambe fortemente variabili nello spazio e nel tempo, rendendo così estremamente difficile la
prevedibilità di condizioni localmente pericolose”; considerando queste premesse, perché non
affidarsi a misurazioni in tempo reale che permettessero la riapertura della spiaggia sotto la
supervisione costante di operatori specializzati? Questa sarebbe una strada più realistica rispetto allo
strangolamento dell’isola, visto che non si tratta solo di poche attività che non hanno potuto lavorare
per quindici dei giorni più importanti dell’anno e che continueranno a non poter lavorare
nell’eventualità di una proroga dell’ordinanza in questione, ma anche della pubblicità allarmista che
si propone al di fuori del contesto eoliano, che rischia di annichilare ulteriormente il flusso turistico
sull’isola. Intanto, giorno dopo giorno la protezione civile (che qui si è vista poco e niente), spinge
verso la chiusura totale dell’isola, mentre i vulcanologi che prestano giornalmente il loro
indispensabile lavoro di rilevazione hanno confidato a diversi abitanti la loro sorpresa ante un
provvedimento che considerano dubbioso, esagerato ed estremamente poco etico.
Decorsi oltre sei mesi dalla dichiarazione dello stato di emergenza, è pesantemente ingiusto, ci
teniamo a sottolinearlo, spossessare i cittadini del proprio territorio e del proprio lavoro, e
contemporaneamente prendersi tutto il tempo necessario per affrontare l’emergenza: per la
sistemazione dei porti, delle elisuperfici, e delle strade, e per il pagamento dei ristori a noi vulcanari
secondo voi si può aspettare, ma ora chiediamo soluzioni (e puntualizziamo che i ristori, seppur
necessari, passano in secondo piano; ciò di cui abbiamo bisogno è poter lavorare in sicurezza). La
preoccupazione degli isolani su ciò che accadrà dopo i quindici giorni previsti nell’ordinanza sta
raggiungendo livelli allarmanti, visto che una possibile continuazione di queste politiche avrebbe
conseguenze catastrofiche per tutti gli abitanti, motivo per il quale la resistenza sociale e le sommosse
popolari sarebbero l’unica strada che ci rimane da prendere.
Richiediamo attentamente delle spiegazioni sui punti presentati e un confronto urgente con chi di
competenza, nel rispetto delle Vostre e delle nostre posizioni, poiché la stagione è ormai alle porte,
come lo è anche la povertà.
Comitato Spontaneo Vulcano, 08/06/202