Sauerborn: le Eolie hanno bisogno di una strategia di innovazione

Riceviamo da Roberto Sauerborn e pubblichiamo

Le Eolie, “aree interne” senza, ad oggi, una Strategia di Innovazione.

il liparese Roberto Sauerborn
il liparese Roberto Sauerborn

In Italia una parte rilevante delle aree interne ha subito gradualmente, dal secondo dopoguerra, un processo di marginalizzazione segnato da: calo della popolazione (talora sotto la soglia critica); riduzione dell’occupazione e dell’utilizzo del territorio; offerta locale calante di servizi pubblici e privati; costi sociali per l’intera nazione, quali il dissesto idrogeologico e il degrado del patrimonio culturale e paesaggistico.

Effetti negativi hanno subìto anche gli interventi pubblici o privati (cave, discariche, inadeguata anzi assente gestione delle risorse naturali  e talora impianti di produzione di energia) mirati soprattutto ad estrarre risorse da queste aree senza generare innovazione o benefici locali.

Le nostre isole in maniera analoga hanno subito stessa sorte con, a differenza di altre realtà, la mitigazione del senso di marginalità dovuta alla presenza del turismo che, a differenza di altre realtà, ha snaturato e depauperato il nostro territorio e la nostra cultura per mancanza di una Strategia, di una visione il più possibile condivisa e sostenibile.

A questa logica di rapina hanno, a volte, acconsentito talune Amministrazioni locali, subendo le condizioni negoziali di debolezza legate alla scarsità dei mezzi finanziari e/o alla incapacità di utilizzare le condizioni offerte dagli strumenti comunitari.

In altri casi, l’innovazione è stata scoraggiata sia da fenomeni malavitosi (per la verità e per fortuna nelle nostre isole è un fenomeno quasi assente) che, altrove, da fenomeni di comunitarismo locale concepito in senso autarchico e chiuso a ogni apporto esterno (questo è un elemento, invece, ancora presente nelle nostre isole).

 Viceversa, tante aree interne sono state spazio di buone politiche e buone pratiche in conseguenza delle quali: la popolazione è rimasta stabile o è cresciuta; i Comuni hanno  cooperato per la produzione di servizi essenziali; le risorse ambientali o culturali sono state tutelate e valorizzate.

Ciò dimostra come non sia inevitabile il processo generale di marginalizzazione e la capacità di queste aree di concorrere a processi di crescita, coesione e innovazione.

Alle Eolie, l’industria spontanea del turismo non  riuscita ad acquisire, anche per quel comunitarismo locale, la caratteristica di “buona pratica” ed ha e continua ad essere un elemento estraneo al territorio; cioè non diviene “capitale territoriale” su cui poter costruire un strategia sostenibile.

Per la costruzione di una strategia di sviluppo economico e sociale per i piccoli e medi Comuni occorre partire, appunto, dal “capitale territoriale“ inutilizzato presente in questi territori: il capitale naturale, culturale e cognitivo, l’energia sociale della popolazione locale e dei potenziali residenti, i sistemi produttivi (agricoli, turistici, manifatturieri).

Il capitale territoriale delle aree interne “Eolie” è oggi largamente inutilizzato a causa del processo di de-antropizzazione richiamato in precedenza.

Infatti, l’effetto immigratorio è molto scarso ed il potenziale economico rimane presidio di pochi oltre al rischio sanitario di nascere a Lipari.

In una strategia di sviluppo locale, il capitale non utilizzato deve essere considerato come una misura del potenziale di sviluppo.

La presenza di soggetti propositivi che pure esistono in questi territori, come le nuove generazioni e/o le imprese innovative e competitive, il saper fare diffuso di qualità, la tenacia e l’amore per un’ospitalità basata anche sulla valorizzazione di prodotti straordinari, ne possono rappresentare l‘innesco. Le politiche di sviluppo locale sono, in primo luogo, politiche di attivazione del capitale latente: é su questo elemento che la politica deve investire.

Tuttavia una buona e moderna strategia di sviluppo ha bisogno di adeguate classi dirigenti. Così, il nuovo appuntamento elettorale dovrà concorrere ad evitare (si spera) che chi mantiene troppo a lungo posizioni di comando possa bloccare l’innovazione. È quindi urgente promuovere il ricambio delle classi dirigenti ed impedire che alcune élite si approprino o tentino di fare proprie quelle possibili rendite realizzate e/o da realizzare sulle risorse naturali dissipando un patrimonio collettivo.

Molti studi di economisti, politologi, sociologi  e storici hanno confermato come in Italia manchi una classe dirigente capace di portarci fuori dal circolo vizioso della stagnazione economica, una malattia ormai di lunga data. E le Eolie fanno parte di questo percorso.

Ma il problema non si riduce ad una classe politica inadeguata e ad un’alta burocrazia impermeabile al cambiamento e arroccata a difesa delle proprie rendite di posizione: infatti abbiamo a che fare anche con un ceto manageriale che in molti casi conserva più che innovare, complici i ritardi del sistema universitario nel creare scuole di management all’altezza dei compiti odierni.

Infine, ci sono anche troppe commistioni tra politica ed affari, che favoriscono rendite di posizione e circuiti decisionali viziosi. Diviene quindi urgente lavorare tutti per la diffusione della cultura della trasparenza e della responsabilità.

Le Eolie, tuttavia, ce la possono fare. È semplicemente necessario che vengano messe nelle condizioni di poter fare le Eolie: ovvero essere le isole delle capacità, della cultura, dell’ospitalità, dell’accoglienza, del rispetto delle diversità; cioè quell’Italia che è così diffusa nelle comunità dei piccoli e medi Comuni dove le buone pratiche si sono potute affermare.

Io, spererei, di poter votare trovando chi potrà dare questo senso al mio voto.

Grazie