di Gianluca Giuffrè
Ginostra- Due evacuazioni nel giro di dieci anni, una nel 1992 ed una nel 2002, eruzioni, incendi, pioggia di lapilli sulle abitazioni, invasione di capre selvatiche ed in ultimo il devastante nubifragio dei giorni scorsi. A Ginostra, negli ultimi tempi, non è mancato nulla, tutte le calamità possibili ed immaginabili ci sono state. Emergenze su emergenze, ciononostante, i suoi abitanti restano saldamente ed orgogliosamente attaccati alla loro terra natia, a quello scoglio che lentamente si sta sgretolando nell’indifferenza. Lottano per mantenere in vita il loro villaggio ed i sacrifici degli antenati.
I Ginostresi, così si chiamano i suoi abitanti, sono una specie in via di estinzione (30 residenti effettivi) che va protetta insieme al suo habitat naturale. Questa volta è stata più dura del solito, le ferite sono aperte e fanno male. E’ scomparso anche un altro simbolo della borgata, la famosa nicchia di Sant’Antonio, che si trovava in cima ad una rupe, e sulla quale andavano a pregare sovente gli isolani. La rupe, insieme alla nicchia ed alla statua stessa, è finita in fondo al mare trascinata dalla violenza del fango che è venuto giù dalla montagna. Guardando, con uno specchio dalla barca, il fondale davanti al villaggio, a pochi metri di profondità, si può scorgere parte del braccio della statua, che fuoriesce dal fango con la mano verso l’alto come a voler tendere un aiuto alla comunità. Forse un segnale di speranza. Quella speranza che spinge ad andare avanti ed a lottare contro i muri di gomma della burocrazia e dell’abbandono in cui il villaggio è stato volutamente e con disumana indifferenza lasciato negli anni, soprattutto dalla politica locale. Un disinteresse costante che alimenta pericoli e rabbia e che non ha colore politico.
Negli ultimi anni, grazie ad alcuni interventi regionali e nazionali messi in campo dall’ex Governatore della Sicilia, Nello Musumeci, nell’ambito dell’emergenza Stromboli del 2019, si è potuto cominciare a mettere mani ad alcune questioni come, ad esempio, la messa in sicurezza di alcuni costoni che sovrastano la zona portuale. Con questi interventi la parte bassa del villaggio ha resistito alla furia della natura dei giorni scorsi. Adesso, però occorre che si predisponga un piano concreto delle opere da fare per mettere in sicurezza il villaggio ed i suoi abitanti. Occorre fare presto perché ad ogni pioggia i danni saranno devastanti ed i rischi per la popolazione enormi. Ginostra non potrà aspettare anni, rischia di scomparire prima. Ad oggi ancora le strade sono devastate e non si è nemmeno cominciato nell’opera di pulizia dai detriti e dalla sabbia. Si è visto solo qualche volontario locale e di protezione civile. L’esperienza di Stromboli, dall’altra parte dell’isola, sarebbe dovuta servire per fare un piano per situazioni del genere. La gente capisce che esiste la burocrazia e che ci sono dei tempi per tutto ma non giustifica.
In questi casi, con la prima nave disponibile, così dicono sull’isola, avrebbero dovuto mandare mezzi, uomini e ditte per pulire il disastro, invece nulla. Il Comune di Lipari si è attivato ma evidentemente non è stato in grado di garantire i primi interventi. A questo punto solo la Regione Siciliana, Il Governo Nazionale e la Protezione Civile possono aiutare Ginostra. Effettivamente qualcosa già si muove con la decisione di ieri, del Governo Schifani, di dichiarare lo stato di emergenza regionale e con l’attenzione di vari deputati regionali che si sono messi a disposizione per la comunità ma bisogna correre e i fondi non bastano. Tutti quei detriti impediscono ogni via di fuga e fungono da ostacolo in caso di altre piogge. La politica tutta, da destra a sinistra, ha oggi una grande responsabilità.
Intanto, la gente aspetta e prega “Sant’Antonio degli abissi”, così è stata ribattezzata la statua appena sommersa davanti a Ginostra e che tende la sua mano al villaggio.