Aeroporto del Mela : ecco perchè non sarebbe realizzabile

l'area interessata tra Barcellona e Milazzo
l’area interessata tra Barcellona e Milazzo

Riportiamo dal giornale linkiesta.it lo stralcio dell’articolo di Fabrizio Patti relativamente alle perplessità sulla realizzazione dell’aeroporto del Mela:

Trecento milioni, vicinanza alle ferrovie, imprenditore straniero pronto a investire: sono gli ingredienti del nuovo scalo “modello Dubai” di Messina.

Perché non dovrebbe funzionare ora? Per alcuni motivi. Primo: la realizzabilità economica. La zona non ha sufficienti attività industriali che giustifichino l’investimento. Due di queste, la raffineria di Milazzo e la centrale termoelettrica, sarebbero invece troppo vicine, per chi è contrario all’opera, all’area individuata per lo scalo. Secondo: con la probabile chiusura prossima dell’aeroporto di Reggio Calabria, l’area ha dimostrato di non riuscire a sostenere un aeroporto da poco meno di 500mila passeggeri; il break even point attuale di un aeroporto si attesta a circa un milione di passeggeri (fonte: Unioncamere) e la recente chiusura dello scalo di Crotone dovrebbe ricordarlo.

Terzo: il progetto di farne un hub del cargo si scontra con la presenza minima di cargo nel grande e maturo aeroporto di Catania (1/130 di Malpensa) e nulla in uno scalo giovane come Comiso che pure è circondato da produttori di primizie che beneficerebbero di tempi rapidi (fiori, pomodori di Pachino e ortofrutta pregiata).

Quarto: pur essendoci una piana, non siamo nel deserto (nonostante il modello sia Dubai) e ci sarebbero da mettere in conto i costi degli espropri. In un progetto del 2007, per lo stesso aeroporto, furono conteggiate in 250 le abitazioni da abbattere.

Quinto: il piano nazionale aeroporti, volto alla razionalizzazione degli scali, ha congelato la costruzione di nuovi aeroporti e previsto la marginaizzazione degli scali minori.

Sesto: con l’eccezione di un ampliamento della pista di Brescia è dal progetto di Malpensa 2000 che non si costruiscono nuove piste in Italia. L’aeroporto di Comiso fu una conversione di uno scalo militare e la sua sopravvivenza è legata a un legame con Catania in logica di sistema e con la giustificazione degli stop periodici imposti dall’attività vulcanica dell’Etna.

Settimo: gli aeroporti, anche se privati, hanno costi pubblici di vigili del fuoco, polizia e assistenti di volo, su cui – nonostante siano stato il fattore che ha bloccato l’apertura di Comiso per anni – si sta allegramente sorvolando.

Ottavo: il presidente dell’Enac Riggio anche questa volta ha dichiarato di non essere mai stato consultato al riguardo e poi a La Sicilia ha espresso la sua contrarietà, quasi una pietra tombale: «Ma quale aeroporto – ha detto -. In Sicilia non si devono fare altri aeroporti perché quello che ci sono bastano a coprire le esigenze di tutti. Dicono che il costo sarebbe tutto a carico di una holding indiana, ma questo non vuole dire niente: per certe cose bisogna andare al ministero del Trasporti, poi all’Enac e all‘Enav e via di questo passo. Del progetto si è parlato dieci anni fa, abbiamo studiato la situazione e deciso di non fare niente perché il territorio non sarebbe stato in grado di supportare l’aeroporto».