L’album dei ricordi : Lipari, nel regno delle cernie (1984)

A cura di Massimo Ristuccia

IL SUBACQUEO NOVEMBRE 1984

Lipari nel regno delle Cernie

Di Stefania Pergola e Stefano Garinei

NOVEMBRE 1984Centro principale dell’arcipelago siciliano, Lipari offre ai subacquei un’attrezzatura logistica completa, mare pulito e pescoso e una varietà di paesaggio unica.

…..La costa, bagnata da un mare tra i più belli, affascina soprattutto per la sua varietà. Uscendo da Porto Pignataro e dirigendosi verso destra, fin dalla baia di Portinente incontriamo un paesaggio formato da roccia vulcanica, con numerose grotte e scogli emergenti, che ospita nelle rientranze piccole spiagge di sassi. Le pareti rocciose aumentano d’altezza man mano che si allontanano dal Porto, fino a diventare scoscese e a picco sul mare: sotto di esse, per la possibile caduta di sassi, è sconsigliabile sostare. La roccia vulcanica forma un po’ ovunque suggestive architetture come piccole piscine di acqua bassa, archetti o strane  forme che assomigliano a tipi a tipi umani o animali. Di fronte alla costa meridionale, leggermente ad est delle Bocche di Vulcano, si stagliano i due faraglioni: Pietralunga e Pietramenalda. In questo tratto il mare è spesso mosso, e l’antico poeta Omero lo descrive come non meno pericoloso di quello tra Scilla e Cariddi.

Tutta la costa di levante e di settentrione continua ad essere di natura rocciosa, offrendo qua e là spiagge incantevoli e animati fondali, fino a Punta Castagna. Poi il paesaggio cambia e all’improvviso appaiano “montagne” di polvere bianca che precipitano nel mare turchese: sono le cave di pomice. Qui aleggia un’atmosfera resa quasi spettrale  dai lunghi pontili neri in disuso che si protendono verso il mare e da alcuni edifici ormai abbandonati. In quest’insolito paesaggio nessuno riesce a sottrarsi al divertimento di scalare le bianche montagne dalla consistenza del borotalco e poi tuffarsi in acqua tra “eserciti” di piccole pomici che galleggiano spinte dalla corrente.

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Vale sicuramente la pena di affrontare i disagi di un mare “cattivo” come quello eoliano, perché Lipari è uno dei posti dove è ancora facile l’incontro con Lei, la regina dei fondali e delle tane, la cernia. Si comincia a respirare nell’erogatore e già il fondale è visibile venticinque metri sotto, si prosegue nella discesa vicino ad un masso e, ad un tratto, dieci metri più in basso, eccola, nero su blu, fuori tana, che si accorge del sub e si defila  elegantemente con un guizzo. Ma eccone un’altra, più piccola, saranno sei chili, e meno smaliziata: si segue con la coda dell’occhio mentre si regola l’esposizione sulla macchina fotografica per essere pronti all’incontro in tana, ma è sparita. Toh, un’altra ancora – deve essere la sorella – questa si fotografa….Ecco la tana e lei che si infila all’interno, ci si avvicina silenziosi in apnea inspiratoria, ma anche questa è sparita.

Ma lasciamo stare le cernie nelle loro tane e iniziamo con ordine la descrizione dei fondali.

Oltrepassiamo l’abitato di Lipari e il porto piccolo, al di là dell’acropoli. Il nostro primo obbiettivo è la punta che si vede fuori, verso destra: si incontra uscendo verso il largo dopo aver fiancheggiato la zona dove ha sede il Lipari Club (un tempo del Club Mediterranèe). A una decina di metri di altezza, sulla roccia, c’è una vecchia edicola bianca sormontata da una croce: ecco, questa è la zona buona. Ancorato il gommone dietro lo scoglio che emerge per due metri, immergiamoci. Abbiamo due metri sotto di noi, poi cinquanta centimetri mentre andiamo verso il largo passando fra lo scoglio e la costa, ed è il blu. Un magnifico branco di occhiate scivola lento su uno scoglio a venti metri, e in mezzo sta una cerniotta di mezzo chilo che guarda incuriosita. Se si compie un movimento troppo affrettato, in un lampo, tutti i pesci spariscono, compresa la cerniotta……………

Proseguendo verso sud, dopo aver passato due colette riparate che meritano una sosta, già vediamo Vulcano, divisa da Lipari dalle Bocche omonime: è questo un tratto di mare particolarmente “ostico” alle imbarcazioni, poiché le correnti si incuneano nello stretto, largo appena 800 metri, e aumentano la loro velocità creando anche in superficie mare rotto e mosso. Passata la Punta della Crapazza, si presenta ai nostri occhi la spiaggia di Vinci: sotto la parete a picco alcuni lastroni racchiudono, nel dedalo di buchi che formano, saraghi di grossa mole e qualche superstite cernia.

Effettuiamo la prossima immersione sotto pietra Menalda, il più basso dei due faraglioni di Lipari, ancorandoci sulla punta a ovest(fondale sei metri). La roccia scende con una ripida franata, formando il classico habitat della cernia: ed infatti eccola lì, insieme ad altre due, a candela. Il profondimetro segna 38 metri, ma si è quasi sul fondo. Pochi saraghi, neanche tanto grossi, qualche bella corvina, nessuna gorgonia, né gialla né rossa. Ogni tanto, negli anfratti, le splendide rose di mare fanno da pregiata tappezzeria alle tane di minuscole aragoste, quelle da acquario, per intenderci. Null’altro. Ma si alza la testa ed è uno spettacolo: sembra di essere a meno di 15, tanto è limpida l’acqua; si vedono le onde che frangono sulla pietra come se si potessero toccare.

Una battuta in apnea alle Formiche vale la pena ti tentarla: non è una zona molto trafficata, gli scogli appena emergenti tengono alla larga le barche, e qualche sorpresa nelle tane più fonde si può sempre trovare. Interessante per i fotosub è la Punta Icaopo, che scende sui 30 metri: innumerevoli organismi la colorano, e con un piccolo flash è possibile riprendere in macro ottenendo risultati decisamente interessanti. Davanti a “Le Grotticelle” il fondale crea una specie di “schiena d’asino”, sui versanti della quale si nascondono saraghi e ombrine; la profondità non supera i venti metri.

Un’altra immersione degna di nota è alla Pietra del Bagno, che sprofonda sul lato esterno a -45. Anche qui regina è la cernia, molto fonda, però. Branchi di occhiate e saraghi di raguardevole dimensione girano –in acqua libera, pronti a fuggire al largo al minimo cenno aggressivo. La Secca del Bagno è più distante, ed è difficilmente localizzabile: come tutte le secche fuori mano è piena di vita (e di pesce). Senza andare troppo distanti c’è una piccola secca tra la Pietra e la costa, con cappello a sei metri. Si trova ancora qualche cernia, saraghi e ombrine. Oltre al pesce gira anche qualche bombarolo, fate attenzione…

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