A cura di Massimo Ristuccia
Articolo molto interessante per tante ragioni, tra le quali l’epoca ( 1900) e le foto che lo accompagnano . Mi scuso per la traduzione che non sarà perfetta ed in parte lacunosa ma tutto sommato rispondente.
Non sono lontane dalla Francia, le isole Eolie, con il piroscafo Marsiglia-Messina, vale la pena fare una corsa veloce lì, in questa stagione tarda e ancora dolce e soleggiata laggiù. I turisti non hanno scovato ancora questo angolo d‘Italia, che merita grandemente di essere conosciuto e gustato; possono essere gli splendori troppo vicini della Sicilia che ne hanno distratto l’attenzione. Da Messina, la ferrovia ci porta in un’ora a Milazzo, da dove c’è ogni mattina un servizio per Lipari. Solo tre ore di traversata, ma che viaggio incantevole! Si costeggia il lungo e stretto Capo di Milazzo, una specie di gigantesca scogliera che si sviluppa lontana nel mare ricca di alberi di ulivo grigi e di alberi di aranci scuri. Un semaforo solitario, tutto bianco, domina le scarpate dirupate del capo, che le onde che si infrangono incoronano di schiuma.
Appena si entra nel mare aperto, si ha uno sguardo magico su tutto il piccolo arcipelago: di prima vulcano, un’isoletta morta, senza un filo di erba né un’oasi di verde, un ammucchiamento di rocce di lava, di scorie che servono da piedistalli alle file di coni di vulcani spenti, su cui sorge a 500 metri la rampa arrotondata e ancora fumante di un grande cratere attivo, la Fossa Grande; poi Lipari, di cui si può indovinare la piccola cittadina e il suo castello, ricca di vigneti nella parte bassa, tutte bianche le vette perché questa isola, in breve, tutto sommato è un grande blocco di pietra pomice; sulla sinistra Salina e più lontano Filicuri e Alicuri, splendidi nei marroni, infine a destra Panaria con rocce sovrastanti – a 70 km dalla costa – il cono di Stromboli con la sua cappa di fumo.
Ora il piccolo vapore si avvicina al più vicino lato del vulcano. La risacca deposita un bordo bianco ai piedi delle alte pareti di basalto. Nella sommità delle pareti bianche di efflorescenze di sale ammoniacale, buchi circolari di strisce gialle di zolfo, crepe rosse di sublimazioni di arsenico. Tutto è nero o sanguigno; è un paesaggio freddo, come colpito dalla morte, al sole, è bronzo, all’ombra, è un cimitero devastato da un incendio. Uno è oppresso da questa miseria completa, da questo silenzio, da queste tinte di campagna bruciata; si sente un senso di liberazione entrando poi sullo stretto passaggio di un chilometro che separa Vulcano da Lipari tutto verdeggiante, dove la cittadina splende al sole come un faro brulicante.
Lipari non ha porto. Si sbarca un poco come Dio vuole, vicino ad un molo, su una spiaggia. Se il mare è tempestoso, non è convenientemente fattibile. Quando vi si prende sulle spalle per sbarcare da un canotto non può non sbarcare, se una ………. si rompe nel momento giusto, non vi vuole niente ad immergersi fino all’osso. Ma in questo paese non esiste una cosa del genere in cui il sole non sarà molto a lungo per asciugarti. Se il mare è pessimo, non si sbarca affatto: si aspetta. Non c’è detto, è consuetudine, il proverbio italiano afferma: “paese che vai usanza che trovi”.
Sbarcati subito bisogna cercare un hotel: non c’è. Bisogna ripiegare sul proprietario di una tabaccheria che ci ospita abbastanza bene, e ci versa della malvasia di Lipari, che gli indigeni considerano con ragione, come un nettare. Sono fieri della loro malvasia; non ti dicono, inoltre, che Lipari non ne faccia una goccia: è una produzione di Salina e Stromboli.
Il tuo oste, se lo vorrai, ti accompagnerà nel castello, a vedere i coatti. Vedere i coatti è una curiosità molto triste di Lipari, ma è degna di vedere……………..
Gli infelici! Sono spaventati, maltratti spesso inutilmente dalla polizia. Mischiati ai “camorristi”, ai ladri di professione e a ogni tipo di declassati, ci sono dei “coatti” per causa politica o arricciando la politica.
Facciamo dalla città un’escursione nell’Isola, sopra i muli. Il paese è interessante. Ovunque c’è un centimetro di terreno coltivabile, ci sono degli ulivi e delle vigne. Percorsi ripidi, spesso così ripidi che bisogna scendere dai muli per arrampicarsi, in mezzo alle colline. I lastrichi di questi stretti vicoli fanno la felicità di uno studioso di minerali: sono basalti, graniti e pezzi di tutti i colori più brillanti, di rocce sulfuree, e soprattutto le ossidazioni nere di un vellutato unico, la cui frantumazione concoidale brilla come il getto su blocchi di pietra pomice bianca. Sopra le piccole pareti, i fichi con i loro arti tagliati abbracciano i grandi fichi indiani ricoperti di frutti rossi e giallo dorato.
Più in su la montagna prende il suo carattere locale: bianco ovunque come in un mulino di farina. ……….. Ci sono centinaia, migliaia, come fori in un formaggio. E’ l’affioramento di altrettante arie di pietra pomice.
Discendendo in uno di questi fori. Un pendio ripido in gradi, in montagna, abbastanza largo e abbastanza alto per due persone che si incrociano tra di loro, scende a 30, 60 metri, ancor di più, fino allo sfruttamento, che viene fatto con picconi e martello, senza mine. È molto difficile questo lavoro, in un caldo insopportabile. La vita nelle viscere della terra è sempre male, qui particolarmente a causa della miserabile retribuzione dei lavoratori. Non sono molto allegri e contenti quando, usciti dalla cava coi loro pesanti canestri, scendono, il loro carico per i sentieri più difficili fino ha Canneto il porto di imbarco. Il mare è coperto spesso di pezzi della preziosa pietra che galleggia, e che il vento porta talvolta fino sulle rive della Sicilia, della Calabria e anche verso Terracina.
Infine arriviamo al vertice del monte Chirica, a 603 metri di altitudine. Da qui il panorama è meraviglioso. Siamo in mezzo a tutte queste forme bizzarre, molto alte in generale, tutte verdeggianti come Salina, tutte nere come Vulcano, tigrate di verde e bianco, con grandi strisce rosse della lava come Lipari, tutte grigie come Panaria o apparentemente blu come Stromboli a causa della distanza. E poi una serie di isole secondarie pittoresche: Basiluzzo in particolare, sembra una valanga di roccia sollevata da un esplosione sottomarina e tenuto in aria da un miracolo di equilibrio. In tutta questa fantasmagoria nuota sotto un mare di malachite e lapislazzuli in un’atmosfera ornata di oro.