Riceviamo da Roberto Piemonte e pubblichiamo il seguente articolo de Il Sole 24 Ore
«Irragionevole», «sproporzionata» e contraria ai canoni di «certezza del diritto ed economicità dell’azione amministrativa». Tutti questi difetti, secondo i giudici del Tar di Palermo, viziano la norma regionale che da quest’anno fa decadere i sindaci dell’Isola quando il Comune non approva in tempo il bilancio: con argomenti così “pesanti”, il Tar ha per ora solo sospeso la decadenza della sindaca di San Piero Patti, Ornella Trovato, ma ha di fatto anticipato l’indirizzo della discussione nel merito in calendario per il 18 maggio.
La battaglia supera di parecchio i confini del piccolo Comune in provincia di Messina, e infiamma da settimane la politica locale in tutta la Regione, per due motivi.
In Sicilia, prima di tutto, lo sforamento dei termini per l’approvazione dei bilanci è un dato strutturale, al punto che nel 2015 il ministero dell’Interno decise un’inedita proroga al 30 settembre per i preventivi comunali siciliani, mantenendo a luglio la scadenza nel resto d’Italia. Una parte importante del problema si genera però in Regione, perché nell’Autonomia speciale i bilanci comunali dipendono anche dai fondi concessi da Palermo: quest’anno, per esempio, la scadenza per chiudere i bilanci locali è sfumata a fine marzo, ma la Regione ha deciso l’esercizio provvisorio fino al 30 aprile mantenendo quindi l’incertezza sui numeri.
La stessa Regione, e qui c’è il secondo motivo di scontro, è stata inflessibile nel decidere, il 29 marzo e quindi a due giorni dalla scadenza per i bilanci di previsione comunali, la decadenza dei sindaci “ritardatari”. In sette hanno già ricevuto il decreto che li manda fuori dal Comune, ma la prima a fare ricorso ha già spuntato la sospensione. Il diritto, però, non guarda al caos della politica, e per fermare la nuova regola usa altre ragioni. Nel resto d’Italia, in pratica, nei Comuni senza bilancio cadono giunta e consiglio, mentre la Sicilia ha deciso di punire solo i sindaci, indirizzando la sanzione a un organo diverso da quello chiamato ad approvare i conti. Una via diversa e, a quanto pare, sbagliata.