di Michele Giacomantonio
Sulla via di Firenze, per un nuovo umanesimo
La Chiesa italiana ha avviato a Firenze dal 9 al 13 novembre una grande riflessione a partire dalla Evangeli gaudium su “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. E venerdì 13 novembre, non si era ancora spento l’eco dei canti, delle preghiere e degli applausi nelle sale e nelle basiliche di Firenze “abitate” dai delegati del V° Convegno nazionale che l’orrore sconvolgeva Parigi provocando oltre un centinaio di morti, ed un clima di guerra che dalla Francia tende a diffondersi a tutto il mondo. Il messaggio della Chiesa italiana assume così un‘enfasi particolare sottolineando l’urgenza di promuovere un nuovo patto sociale fra gli uomini ed i popoli che garantisca convivenza, pace, cooperazione per una vita buona e per lo sviluppo.
A Firenze, l’Arcidiocesi di Messina vi ha partecipato con otto delegati e fra questi Mons. La Piana ha voluto inserire anche me come eoliano.
Così Mons. Gaetano Sardella mi ha chiesto di avviare il prossimo venerdì 4 dicembre, nella Chiesa Parrocchiale di San Pietro, alle 19 circa, dopo la Messa delle 18, una riflessione su questo importante avvenimento a cui hanno preso parte tutte le Diocesi italiane e che ha visto Papa Francesco svolgere, da par suo, il ruolo di primo protagonista.
Che cos’è un umanesimo? E’ una cultura, un modo di rapportarsi alla realtà, di vivere il mondo è la storia. Ed un umanesimo cristiano? Quando una cultura ed un modo di vivere si ispirano o sono ispirati, per buona parte, dal cristianesimo, almeno in filoni significativi, si usa parlare di umanesimo cristiano. Nei secoli abbiamo avuto diversi umanesimi che sono stati definiti cristiani a cominciare da quello che si incarnò in Firenze soprattutto nei primi secoli del II millennio a cui il Convegno si è richiamato più volte. Ma promuovere oggi, in una società frantumata e liquida, un umanesimo che abbia i caratteri di un progetto anche approssimato e delineato per grandi linee, è realistico?
E soprattutto in Sicilia, dove i caratteri di frantumazione si mescolano a sacche di tradizioni arcaiche, la crescita di un nuovo umanesimo, più che come un disegno organico non deve configurarsi piuttosto come una grande molteplicità di esperienze che crescano dal basso, incarnino amore verso gli altri e solidarietà, costruendo reti che tendono ad allargarsi ed ampliarsi affiancando e sostituendo le vecchie pratiche ed esperienze sociali, umane e religiose stanche e ormai sterili? Ed è possibile realizzare questo in tutti i campi? Nelle esperienze di vita civile, politica, familiare, artistica? E nella vita religiosa? Non è forse anche, e soprattutto, la Chiesa chiamata in causa perché il proporsi di nuove esperienze in campo religioso, alimentate dalla fede, possono rappresentare l’anima ed il cuore di questo nuovo umanesimo?
Ecco di questo vorrei parlare venerdì sera con quanti vorranno avviare una riflessione, in comune, a partire da questi interrogativi. Dialogare per cambiare. Non un cambiamento repentino che non è pensabile, ma un cambiamento reale, radicato e costante, portato avanti con audacia e, come dice Papa Francesco, con umiltà, disinteresse e gioia.