Ribaltando completamente la decisione di primo grado, la Corte d’Appello di Messina, con sentenza del 30 giugno 2025 (RGA 318/2025), ha assolto “perché il fatto non sussiste” L.P.T. di Lipari e I.P., precedentemente condannati dal Tribunale Monocratico di Barcellona Pozzo di Gotto.
La sentenza di primo grado, la numero 968/2024, aveva condannato i due imputati a 5 mesi di reclusione, al pagamento delle spese legali in favore della parte civile costituita e al risarcimento del danno da liquidarsi in sede civile.
I fatti contestati risalivano a luglio 2018, in Piazza Marina Corta a Lipari. L.P.T. e I.P. erano stati accusati, in concorso tra loro, di aver usato violenza e offeso l’onore e il prestigio di due agenti di polizia municipale di Lipari. L’obiettivo, secondo l’accusa, era costringere i pubblici ufficiali a compiere un atto contrario ai loro doveri d’ufficio. I reati contestati erano quelli previsti dagli articoli 110 (concorso di persone nel reato), 336 (violenza o minaccia a pubblico ufficiale) e 341 bis (oltraggio a pubblico ufficiale) del codice penale.
La Corte d’Appello di Messina, presieduta dal dott. Blatti con consigliere estensore la dott.ssa Urbani (Collegio Penale 2), ha accolto le argomentazioni della difesa, rappresentata dall’avvocato Giuseppe Cincotta, focalizzandosi su due aspetti determinanti per l’assoluzione:
Sulla violenza e minaccia a pubblico ufficiale (art. 336 c.p.): La Corte ha ritenuto che, per la sussistenza del delitto di violenza e minaccia a pubblico ufficiale, l’idoneità della minaccia debba essere valutata non solo in base alle circostanze oggettive, ma anche soggettive, con particolare riguardo alla portata costrittiva del male ingiusto prospettato. Nel caso specifico, è stato rilevato che gli agenti hanno comunque portato a termine la loro attività di verbalizzazione. Le frasi proferite dagli imputati, sebbene potenzialmente offensive, sono state giudicate insufficienti a integrare il reato di minaccia e violenza, potendo semmai ricondursi al reato di ingiuria, ormai depenalizzato. Questo ha dimostrato come l’azione degli imputati non abbia effettivamente impedito o condizionato l’operato dei pubblici ufficiali.
Sull’oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341 bis c.p.): Per l’integrazione del reato di oltraggio a pubblico ufficiale, è essenziale il requisito della pubblicità, ovvero che l’offesa all’onore e al prestigio del pubblico ufficiale avvenga in luogo pubblico o aperto al pubblico e, soprattutto, in presenza di più persone. Sebbene il fatto si sia svolto in una via trafficata di Lipari, la difesa è riuscita a dimostrare che non è stata fornita la prova che persone esterne abbiano effettivamente assistito ai fatti. La mera presenza in un luogo frequentato non è stata ritenuta sufficiente a soddisfare il requisito della pubblicità, fondamentale per la configurabilità del reato.
Nonostante l’assoluzione in “punta di diritto” nel caso specifico, basata sulla rigorosa applicazione dei requisiti normativi, è fondamentale sottolineare che il Codice Penale italiano continua a sanzionare severamente le condotte di minaccia e oltraggio a pubblico ufficiale, qualora ne ricorrano tutti gli elementi costitutivi.
In particolare:
Violenza o minaccia a pubblico ufficiale (Art. 336 c.p.): Questo reato punisce chiunque usi violenza o minaccia a un pubblico ufficiale (o a un incaricato di un pubblico servizio) per impedirgli di compiere un atto del suo ufficio o servizio, o per costringerlo a compiere un atto contrario ai suoi doveri. La norma è posta a tutela dell’autorità e del buon funzionamento della Pubblica Amministrazione. La chiave è l’idoneità della condotta a costringere o impedire l’azione del pubblico ufficiale.
Oltraggio a pubblico ufficiale (Art. 341-bis c.p.): Questo articolo sanziona chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l’onore e il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio e a causa o nell’esercizio delle sue funzioni. Come evidenziato dalla sentenza, la “pubblicità” del fatto e la “presenza di più persone” che assistano all’offesa sono elementi essenziali e non possono essere dati per scontati.
Minaccia (Art. 612 c.p.): In generale, il codice penale punisce la minaccia a qualsiasi persona, se il male prospettato è ingiusto e grave. Sebbene l’ingiuria sia stata depenalizzata, la minaccia rimane un reato, a prescindere dallo status del soggetto minacciato, qualora la condotta sia idonea a incutere timore.
La sentenza odierna, pur sancendo l’assoluzione per le specifiche ragioni giuridiche illustrate, non deve in alcun modo sminuire la gravità di atteggiamenti irriguardosi o intimidatori nei confronti di chi svolge funzioni pubbliche.











