di Mario Primo Cavaleri

(ecodelsud.it) Tranquilli, non è successo niente. Non può accadere niente. Lo sanno tutti che fino all’elezione del presidente della Repubblica si gioca a bocce ferme; quanto si è verificato l’altro ieri all’Ars è stato un episodio come tanti, non il primo né l’ultimo, in cui il presidente della Regione subisce l’onta di vedersi bocciato. La storia parlamentare è zeppa di incidenti di percorso, senza determinare sconvolgimenti. Che infatti, per ora, non ci saranno: quali dimissioni, quale azzeramento di giunta?
Nello Musumeci preso impulsivamente dall’ira dell’insulto politico avrebbe voluto giustamente tornare subito in Aula e dire “tutti a casa”. Lui lo può fare ma sarebbe l’estrema ratio a fronte di una formale sfiducia, non per ripicche personali su un voto di poco significato. La reazione irritata lo ha portato invece a scivolare ripetutamente nel volgere di poche ore, prima facendo trapelare la voglia di dimissioni, poi annunciando un azzeramento dell’Esecutivo non praticabile, tant’è che non c’è stato e non ci sarà. Le ultime informazioni parlano di decisione rinviata a dopo l’approvazione dell’esercizio provvisorio, che andrà in Aula la prossima settimana. In quella successiva i lavori sono sospesi perché si vota per il Quirinale, dunque si ragionerà successivamente sul da farsi. E tutto dipenderà dall’esito romano.
Certo non ha giovato a nessuno il clamore sollevato a seguito dei numeri sui tre grandi elettori siciliani, con Musumeci terzo e meno votato del rappresentante delle opposizioni. Il governatore non ha saputo incassare il colpo, si è fatto travolgere ai sentimenti e non ha trovato nei suoi yesman, qualcuno che lo frenasse per sedimentare l’accaduto e dare il giusto peso al giochino di palazzo. Ma si sa, in genere gli scodinzolini sono più realisti del re, pronti ad assecondare il sentimento del capo, a condividere gesti e reazioni pure a costo di andare a sbattere insieme con lui.
Riavuto in sé, sono rientrate in pochi minuti le dimissioni. La voglia però di reagire all’agguato politico lo ha spinto a diffondere un video per parlare in modo precipitoso di “azzeramento della giunta”.
Ammesso che ne avesse davvero l’intenzione, è stata comunque una mossa impacciata e ambigua: dire che avrebbe rivisto l’assetto, dopo aver chiesto ai partiti della maggioranza di fornire una rosa di possibili assessori, è un autogol: voleva mandarli al diavolo e invece si sottoponeva ai loro diktat? Una mano tesa peraltro parzialmente in quanto si riservava di confermarne una buona parte di assessori: il che non è piaciuto ai partner. Pd e M5S intanto ne sollecitano le dimissioni, ammesso che le vogliano davvero: con questi chiari di luna, chi si sente garantito nella probabilità di tornare a Sala d’Ercole?
Comunque, si sa che certe dinamiche transitano attraverso contatti con i leader nazionali. E in questo momento è impensabile infastidire i big impegnati nel rompicapo del Quirinale, per avere udienza su piccolezze siciliane.
A proposito: avere creato dissapori alla vigilia di un’elezione così agitata a Roma, non tornerà gradita nel Centrodestra dove Silvio Berlusconi si gioca una sua partita che punta sull’unità della coalizione come base fondamentale sine qua non. Ogni voto diventa preziosissimo e non c’è spazio per litigi peraltro di modesto profilo. Quindi lo stesso Gianfranco Micciché non avrà da rallegrarsi, visto che si sta spendendo per la causa del Cavaliere.
Una volta definita la questione Quirinale che si trascina appresso il futuro del Governo e della legislatura, si avrà un quadro più chiaro anche qui e solo a quel punto Musumeci potrà avere contezza di ciò che lo aspetta. Se i partiti risponderanno ancora picche, non si presterà ad inutili azzeramenti, giochini dilatatori, manovre logoranti e teatrini deprimenti di cui l’Ars riscrive copioni già abbondantemente portati in scena. Mai un dibattito serio, sereno e di livello su scelte fondamentali per la crescita dell’Isola… gli ex Novanta ora diventati Settanta amano baloccarsi in imboscate e forse appagano nel “segreto” di un’urna altre insoddisfazioni.
Musumeci, da uomo di carattere, trarrà quindi le conclusioni con un “rien ne va plus”.