L’album dei ricordi: la casa rurale di Stromboli ( 1971)

di Massimo Ristuccia

LA CASA RURALE NELL’ISOLA DI STROMBOLI

Vittorio Famularo – A. SIGNORELLI EDITORE 1971

CAPITOLO VI

CONSIDERAZIONE CONCLUSIVE

stromboliL’idea di esperire un’indagine sulla casa rurale di Stromboli mi si è affacciata alla mente alcuni mesi or sono mentre osservavo le peculiari caratteristiche delle case di tale isola dove, sin dalla lontana infanzia , trascorro, puntualmente, le ferie estive. Ho perciò avuto la possibilità di seguire direttamente le vicende della casa stromboliana per un arco di tempo di quasi mezzo secolo.

Tuttavia il motivo fondamentale che mi ha indotto a stendere il presente lavoro è quello di fermare sulle carte un tipo interessante di casa rurale che, purtroppo, tende rapidamente a perdere quel genuino carattere originario per l’incalzare dei tempi; fenomeno acuito soprattutto dalla preminente funzione turistica assunto dall’isola negli ultimi decenni.

Com’è ovvio anche usi e costumi, legati alla casa, vengono gradualmente abbandonati. E’ tutto un genere di vita che oggi tende ineluttabilmente a recidere, un po’ per volta, i suoi legami col passato. L’isola di Stromboli, in altri termini, si è messa in linea con tutti quei centri rurali italiani e stranieri nei quali, per cause varie (per lo più emigrazione o valorizzazione turistica), si va delineando, in maniera sempre più accentuata, il cosiddetto fenomeno della derulizzazione.

rurali pescatorieE dire che, fino all’immediato dopoguerra, sembrava che il tempo si fosse fermato a Stromboli. Però nonostante le molteplici tendenze innovatrici, la casa di quest’isola rimane subordinata al suo vulcano, la qual cosa la rende parzialmente diversa da quella delle altre isole dell’arcipelago eoliano. Ecco perché ho voluto limitare la mia ricerca alla sola Stromboli. Innanzi tutto nell’isola vengono edificate solo case a pianoterra o, tutt’al più con un primo piano. Case e vari piani avrebbero vita effimera per le scosse vulcaniche. Le case vengono costruite secondo particolari criteri di solidità per potere resistere all’eventuale cadute (per quanto molto rare) di materiale vulcanico. Basterà tenere presente che i muri portanti, come ho già detto, hanno uno spessore di ben sessanta centimetri e i tutti, per la loro particolare struttura, sono di eccezionale resistenza. Ovviamente non si concepiscono, come ho già osservato, lucernari o copertura di tetti con tegole. Né si osservano, tra i pro servizi, sovrastrutture di materiale ligneo perché durante le esplosioni detonanti le scorie incandescenti, che vanno in frantumi sui solidi tetti (nel 1930 e nel 1943 assistetti a simili fenomeni tanto spettacolari) distruggerebbero, com’è ovvio, gli eventuali accessori di materiale combustibile.

Attraverso tali osservazioni, aggiunta alle altre fatte in precedenza, si perviene alla conclusione che nella casa di quest’isola si avverte costantemente la presenza del suo vulcano.

Però alcune peculiarità sono comuni alle case dell’intero arcipelago come la tipica colorazione bianca, il cubismo prevalente, le scale esterne e i pergolati sostenute da colonne. Per tali caratteristiche la casa eoliana ha sorprendenti analogie con quella delle isole partenopee e delle coste amalfitana, salernitana e policastrese. Aspetti strutturali e stilistici nettamente diversi presentano invece le case delle vicine coste calabre e sicule. L’analogia che si riscontra tra la casa eoliana e quella campana è dovuta a motivi storici. Come osserva il Gambi “l’influenza si chiarisce facilmente pensando che il ripopolamento delle Eolie (dopo le rovine recate a Lipari da Adriano Barbarossa nel 1544) si deve per molta parte a gente venuta da da quei paesi campani”.

A integrazione di quanto ho detto finora sulla casa rurale di Stromboli, aggiungo qualche osservazione relativa alla sua diffusione spaziale e alle cause che l’anno determinata.

Nelle ere più lontane gli agricoltori dell’isola s’insediavano nei punti dominanti, a volte presso che inaccessibili, a scopo di difese.

L. Bernabò Brea e M. Cavalier fanno menzione di un abitato preistorico ubicato in una delle zone più impervie dell’isola ecasa stromboli precisamente in contrada Piscitelli, sul timpone di Ginostra, dove sono state raccolte ceramiche dell’età di Capo Graziano (prima età del bronzo) e di età ellenistica e romana. Nel periodo prebellico ebbi occasione di osservare case che si inerpicavano sulle pendici scoscese (a circa 100 m s.l.m.) delle Contrade S. Vincenzo Ferreri e S. Bartolomeo. Erano in gran parte diroccate; oggi di esse non rimangono che pochi ruderi. Tali case erano caratterizzate dall’enorme spessore dei muri perimetrali e dalle minime dimensioni delle finestre, protette da grosse inferriate. Avevano pertanto l’aspetto di piccoli fortezze, più che di case vere e proprie tali abitazioni risalivano all’epoca in cui, nelle isole Eolie, erano frequenti le scorrerie dei pirati saraceni.

Costruzioni del genere ho pure osservato in altre plaghe del Mediterraneo, come lungo la riviera ligure, dove sono dette appunto “saracene”.

Le semi-inaccessibili “case-rifugio” sono state abbandonate da quando i temibili pirati non hanno più infestato il mare eoliano. E così, scongiurato ogni pericolo di razzie, le basaltiche scogliere della contrada Piscità si sono andate costellando di bianche casette. L’insediamento originario si è sviluppato sugli scogli o nelle loro immediate adiacenze perché potessero venir utilizzati appieno i terreni fertili, ai quali si riservò la funzione nettamente agraria.

Intanto altri abitati andavano sorgendo, sempre in aree inadatte alle colture, in prossimità della Spiaggia di Ficogrande, di Sopra Lena e di Scari. La vicinanza del mare favoriva la pesca, esercitata dalla quasi totalità degli abitanti.

Se non che, nella rima metà del secolo scorso, l’agricoltura, integrata dalla pesca, non costituì più, per gli isolani, la sola fonte di vita. Un fatto nuovo aveva sostanzialmente modificato l’economia di Stromboli. Nel giro di pochi anni gli intraprendenti isolani erano riusciti ad allestire una flotta mercantile ricca di circa un centinaio di velieri. I cospicui proventi dei traffici commerciali costituirono quindi la massima fonte di prosperità per l’isola.

All’agricoltura, per ovvia conseguenza, non si attribuì più la preminente funzione di un tempo e le nuove case non vennero edificate lungo la sterile fascia costiera ma nelle aree migliori, vale a dire nel cuore di quel terreno agrario fino allora considerato prezioso e intangibile.

E così dagli originari nuclei costieri cominciarono a irradiarsi file di case dirette verso il sovrastante pianoro coltivato a vigneti. Ivi le varie propaggini si sono, gradualmente, innestate in una serie di altre abitazioni sorte in corrispondenza dell’attuale strada principale che si sviluppa, presso che parallela alla costa, da un’estremità all’altra del paese.

La maggior parte delle case edificate in tale periodo di tempo dispongono di un piano superiore e di un congruo numero di vani, indice dell’agiatezza raggiunta dai loro proprietari.

Ma tra la seconda metà del secolo XIX e l’inizio del XX si profila il declino della navigazione velica per la concorrenza sempre crescente dei natanti a propulsione meccanica (di elevata stazza) e per la creazione della rete ferroviaria tra il mezzogiorno e il centro-nord d’Italia.

Se non che gli Stromboliani non si perdono d’animo, e, fedeli alla loro tradizionale solerzia, fanno ricorso a una nuova fonte di guadagno: l’emigrazione ( per lo più temporanea) orientatasi, in un primo tempo, verso gli Stati uniti d’America, l’Argentina, il Cile e, successivamente anche verso l’Australia e la nuova Zelanda. Le rimesse degli emigranti consentirono la costruzione di nuove, accoglienti case, come pure l’ampliamento e il restauro di quelle preesistenti. Va però rilevato che le moderne case rurali, pur essendo generalmente di cospicua cubatura, ripetono, nelle loro linee essenziali, lo schema costruttivo dell’antica casa di Stromboli, ciò è da attribuire alla mentalità tipicamente misoneista degli isolani per i quali non è concepibile l’impostazione di case su elementi strutturali in netta antitesi o solo parzialmente aberranti con la tradizione.

Nel dopoguerra si è messa rapidamente in evidenza la netta vocazione turistica di Stromboli per la sue incomparabili bellezze naturali e soprattutto, per i suggestivi fenomeni eruttivi del suo celebre vulcano, in costante attività. La stagione estiva è quindi caratterizzata dall’arrivo di folte schiere di visitatori italiani e stranieri. Molti di costoro si sono talmente invaghiti dell’isola da essere indotti ad acquistare case (appartenenti, per lo più, a emigrati) per trascorrervi le ferie estive. E così molte case rurali sono state chiamate ad assolvere una funzione ben diversa da quella per cui erano state edificate. Poche case però sono state trasformate radicalmente per rispondere, in maniera adeguata alle nuove esigenze: in genere le case non hanno subito innovazioni tali da vedere intaccata la loro struttura originaria. L’esplosione turistica si è dimostrata di grande vantaggio per l’agricoltura isolana attraverso la cospicua richiesta di prodotti e la conseguente lievitazione dei prezzi, che hanno raggiunto livelli altamente remunerativi. I prodotti particolarmente richiesti, durante la campagna turistica, sono: i capperi, la pregevole uva da tavola, il vino rosso, noto per il suo aroma e per l’alta gradazione alcoolica e. infine, il rinomato vino bianco, (malvasia), la cui produzione, purtroppo, non riesce a soddisfare l’attuale domanda.

Dell’accentuata richiesta di prodotti si sono avvantaggiate, di riflesso, anche le case rurali che, mentre nell’anteguerra erano tenute sovente in stato di semi-abbandono, oggi sono riattivate. Particolare cura è stata nuovamente posta nella efficienza dei pro servizi, perché la manipolazione dei vari prodotti agricoli possa essere eseguita nel modo migliore.