di Massimo Ristuccia
GENTE ALLE EOLIE MARIAELISA DONVITO CASA EDITRICE CESCHIA 1959
La casa di donna Ina
La casa di donna Ina sovrasta una baia discreta come un rifugio. Il mare ci arriva in punta di piedi, e sotto l’arco di un pontile semi diroccato batte e ribatte sommessamente. A destra uno sperone di montagna, a sinistra un po’ lontano l’entrata di una grotta, tappezzata d’ametista. Uno entra da una parte e esce dietro un gruppo di rocce. Da lontano il castello di Lipari sembra una mano levata sul mare a salutare.
Tommaso, il barcaiolo, mi chiede se sono già salita alla casa. E’ disabitata da quando donna Ina è morta. Tommaso non era ancora nato allora, ma suo padre l’aveva conosciuta.
Era na signura – dice Tommaso.
Lo seguo su per i gradini consunti e sgretolati della scala che dalla baia si arrampica alla casa. A un certo punto la scalinata diventa una stradina: la invadono sterpi secchi e ciuffi di capperi con le fogliolette sugose che si rincorrono due per due lungo l’arco dello stelo.
Tommaso mi indica la cappella e il forno. Sono due piccole costruzioni bianche, una appresso all’altra, quasi simili, con gli angoli e gli spigoli rozzamente squadrati. Una e sormontata da una croce.
Davanti alla cappella è un minuscolo sagrato cinto da un muretto basso, e anche lì piante di capperi sono riuscite, crescendo dall’esterno, a farci ricadere dentro i loro steli, come ciuffi di piume di struzzo. Metto l’occhio al buco della serratura, ma il buio afferra ogni cosa.
Tommaso non ha la chiave; la tengono i parenti.
Dentro ci sta una bella madonna.
Se aspetto un poco riuscirò a vederla.
Poi Tommaso continua:
La fece costruire un canonico, che era parente di donna Ina, così non doveva andare a Lipari ogni giorno a dir messa.
Mi racconta che la famiglia di donna Ina era importante e aveva un palazzo in Lipari. Lì si trasferiva d’estate, come facevano tanti signori. Le altre famiglie andavano quasi tutte a Pianoconte, o in montagna a Quattrocchi. Ora però le grandi famiglie sono andate via, sul continente………………………
Eludendo l’insidia delle erbe secche mi trovo sul retro della casa; alberi di fico, ulivi, vigna, tutto coltivato, vivo.
Ma qui viene qualcuno?
Certo, signurina. Vedi che sta tutto seminato. E li pomodori e le melenzane,e tutte cose?
Ma chi viene?
Quelli di casa.
Perché non abitano qui?
Che questa è la casa di donna Ina.
Ai miei piedi c’è un’altra baia: silenziosa e familiare.
La casa ha due mari, due porti, due orizzonti. Tommaso si è allontanato; la tentazione dei fichi bruni è troppo forte.
Signurina, ne vuoi?
No, grazie.
Pare che donna Ina stesse sempre qui. Amava il mare, e anche quando si fece vecchia non tornò a Lipari. Sempre qui stava e aspettava.
Accanto alla casa un breve campo è tutto coltivato a pomidori: sono rotondi e piccoli, e poi li appenderanno come grappoli vermigli sotto gli stipiti e contro i muri delle case.
La casa dorme, silenziosa e vuota, circondata dal monte e dalla costa.
Scavalcato un gradino alto, mi arrampico su un piccolo pianerottolo esterno. Nello spesso muretto che lo circonda è inserita una botola che chiude la bocca di un pozzo. L’acqua metallica del fondo riflette la mia testa.
E’ il pozzo della cucina – mi informa Tommaso, e mi indica la cucina.
Un grande camino, con una pietra bassa: sopra c’è un caldaro di rame. Nella stanza una tavola rozza, e sopra una larga ciotola di legno. Accanto al tavolo una sedia, leggermente scostata, messa di sghembo, come fa chi si allontana per tornare poco dopo. Anche Tommaso guarda.
Che faceva tuo padre da donna ina?
Tutto, signurina, faceva. Stava a mare, pescava, guardava l’orto e poi stava a casa.
U papà mia diceva che donna Ina era forte assai, che sempre stava sul mare, e andava a pesca conu papà sua e tutti gli altri.
Erano tanti?
Le sorelle, li fratelli, e poi li zii preti; che l’estate stavano tutti qui a mare. Era sempre piena di cristiani sta casa, u papà dice.
…u papà dice mia dice che con donna Ina si stava bene: anche quando si sposò lui rimase.
Chi sposò?
Uno che era venuto qui a una festa…
Festa?
E che credi, signurina, qui è piccolo, ma stavano tutti allegri: si mangiava qua furoi, dice u papà e poi si ballava; tenevano u grammofino e poi la chitarra e u viulinu. Dice che anche lui poteva ballare, quando non teneva sonno…
Poi ebbe due figli: e uno si fece marinaio, e stava sempre a mare, e andava alli paesi lontani,all’America, all’Africa, alla Cina, e a tutti i posti…
Tu l’hai visto?
Una volta, ma mi ricordo poco. Diceva che veniva, racconta u papà mia, ma poi non veniva mai. E donna Ina spettava…
E il marito?
Morì, e sta sepolto qui a Lipari. E arrivarono le cartoline del figlio, che diceva “fra poco mi vedi arrivare”. Ma poi non arrivava.
Mi sono seduta sul muretto, volgendo le spalle al mare, all’azzurro, al rosa, all’avorio incorrotti che si stemperano sulle ombre dei muri e degli alberi. Attendo anch’io…
E poi si mise a letto, e u papà dice che stava a guardare il mare. Poi morì, era tanto vecchia.
E il figlio ufficiale non arrivò?
– Nu sapimu, signurina, u papà mia teneva famiglia, e andò a lavorare fuori. Ma forse arrivò, dopo…