Il 26 agosto alle ore 19 verrà presentato al pubblico del Centro Studi Eoliano il primo romanzo di Davide Cortese: TATTOO MOTEL. Interverranno l’autore e il Dottor Francesco Rizzo. Ecco alcune delle recensioni apparse su quotidiani e riviste. —
Leggendo le intense pagine dell’ultimo libro di Davide Cortese, “Tattoo Motel”, ci si rende conto che non è poi così scontato trarne una definizione di genere, magari tra il romanzo o il racconto lungo, perchè si è sconfinati in un testo ibrido a cavallo tra prosa poetica e racconto lirico, non dimenticando di interpellare quel prosimetrum, componimento della nostra tradizione misto di prosa e versi, che vide nella Vita Nuova dantesca la sua prova esemplare. Anche in quel caso fulcro della narrazione era una storia d’amore declinata per simboli e allegorie dove le prose di accompagnamento ai versi avevano una funzione esplicativa. Qui nella camera incisoria del Tattoo Motel queste diverse poesie immaginifiche, al contrario, hanno la funzione dichiarativo-dimostrativa di un sentimento e vengono incise in modo definitivo su pagine di carne in un gioco di amplificazione sensoriale tra piacere e dolore. DALLA RECENSIONE DI LETIZIA LEONE APPARSA SU “POLIMNIA”
Un decadentismo postmoderno alita spesso sulle pagine, assieme ad un‘aria poetica di tono maudit; vari i riferimenti a Rimbaud, Poe, ma anche a citazioni cinematografiche e musicali, classiche e rock, dal Requiem di Mozart ai Doors. Lo stile prevalentemente paratattico cadenza bene i ritmi della storia, che procede spesso per illuminazioni segniche ed emozionali, eco rimbaudiana, che pongono domande forti sull’esistenza colta attraverso parole urlate nel non luogo del Tattoo motel, cattedrale di sensi ed abissi ancestrali. DALLA RECENSIONE DI PAOLO CARLUCCI APPARSA SU “LA PRESENZA DI ERATO”
Abitando il senso privato della sinestetica forma letteraria di Davide Cortese, in Tattoo Motel (ed. Lepisma) si percepisce un luogo consacrato allo spazio riflessivo, un posto occulto dal filone maledettista che segue o meglio prosegue lo stilema poetico proprio di Cortese, in un viaggio attraverso la narrativa. Frederich Nietzsche afferma: “… tutto ciò che è profondo ama la maschera”. Infatti in questa opera dal sentore teatrale, al lettore viene offerto un percorso incontaminato, libero e vero, dentro ed attraverso visioni oniriche e tantriche, dove è celata la chiave di lettura del senso più profondo, sprofondato nelle viscere dell’Io inconscio ed indomito. DALLA RECENSIONE DI IOLANDA LA CARRUBBA APPARSA SU “ESCAMONTAGE”
Cortese svicola baudelairiano spleen, il “male di vivere” tutto intorno, ma dentro solo per fugaci ondate. Egli canta un amore eterno, in un fuoco dolce del ribellismo anarchico di Rimbaud, di cui conserva la visionarietà a tratti mistica, il gusto del capovolgimento di ogni verso in portale spalancato per gli iniziati ad una dimensione fanta-parallela fatta di piccole schegge, di “illuminazioni” goethiane e affinità elettive. Tattoo Motel, circo di elfiche presenze, esumate tra Grimm e terra scura del sole siculo, landa di eroi post romantici (ancora umidi della nebbia dei Lake poets inglesi, Coleridge su tutti forse), dove Cortese, come il figlio di Dan, attraversa le stanze accavallate della narrazione, montaggio foto-cinefilo di una mente lucidamente votata ad un nuovo fantasy urbano. DALLA RECENSIONE DI SARAH PANATTA APPARSA SU “LE RETI DI DEDALUS”
“Tatoo motel” presenta delle caratteristiche di grande interesse che lo rendono particolarmente raffinato e intrigante. Un poeta che approda alla prosa trasferisce l’eleganza del ritmo e le suggestioni della parola alle descrizioni e in Cortese, novello bohémienne della ricerca stilistica questo si rivela in tutta la sua potenza, con picchi di assoluto lirismo negli accenni poetici voluti a suggellare la profondità dell’immagine. DALLA RECENSIONE DI ANTONELLA RIZZO APPARSA SU “GIROMA”
E’ una mappa geografica dell’intimità il primo romanzo di Davide Cortese. E la pelle è il fragile tessuto utilizzato per redigere questa mappa. Una mappa che cerca di fare chiarezza nella vita, una mappa riempita di segni e tracce da decifrare per trovare una strada da percorrere consapevolmente, a tentoni, errore su errore, esplorazione su esplorazione. Come la vita ti fa fare i giri più contorti, ti fa sbattere il muso contro i muri più insospettati o ti apre vallate e campi sconfinati su cui correre a perdifiato verso qualcosa che magari hai già visto, ma che non avevi messo a fuoco del tutto, così i piccoli frammenti cinematografici di Davide Cortese, le piccole prose di cui è composto Tattoo Motel, tra anticipazioni e flashback, squarci di luce latente e oscurità striscianti, aprono angoli di luce inaspettati sulla vita affettivo/sentimentale dei protagonisti. DALLA RECENSIONE DI FERNANDO DELLA POSTA APPARSA SU “VERSISFUSI”
Quando il poeta scavalca la barriera ermetica del verso incolonnato ed entra nell’arena letteraria del romanzo, ha puntati su di sé gli occhi di tutti. E Tattoo Motel vince la scommessa: è una serie di cariche esplosive, ottantacinque capitoletti/mine disinnescate a distanza ravvicinata tra i piedi del lettore. DALLA RECENSIONE DI MARCO FIORAMANTI APPARSA SU “ARTICOLO 33”
Tattoo Motel, il nuovo lavoro di Davide Cortese, questa volta in prosa, dopo aver pubblicato varie esperienze poetiche, esordisce con un lodevole incipit, che proietta immediatamente e senza mezzi termini, accorciando il fiato fin dal primo rigo, lo spettatore-lettore nel complesso e articolato sistema scena-libro, rendendo noti subito tutti gli elementi che lo coinvolgeranno ed esternando in una conoscenza cinematografica-musicale-letteraria anche una sapiente consapevolezza del genere romanzo, che tratta per la prima volta per i tipi di Lepisma Edizioni. DALLA RECENSIONE DI ANGELA GRECO APPARSA SU “IL SASSO NELLO STAGNO”
Il protagonista è ossessionato dalla superficialità della pelle, fatta a brani dall’ago, dipinta dall’inchiostro, indelebile, eppure effimero, in uno scontro continuo e serrato con la profondità artistica irraggiungibile e con la caducità della condizione umana. La narrazione si muove in piccoli capitoli, quasi dei tatuaggi essi stessi, che ricordano la scrittura di Cesare Groppi, dei frammenti che collazionati indicano una via di trama, una traccia seppure ustionata dai frequenti flashback. Come ha scritto nella sua prefazione Pietro Pisano, «la stessa scelta della narrazione in seconda persona sembra coniugare ad un tempo distacco e partecipazione, attraverso uno sguardo obliquo e pervasivo che cadenza le diverse evoluzioni dell’ordito narrativo e dei suoi sfaccettati attori». Per provare, se ce ne fosse bisogno, il diretto rapporto di figliolanza, oltre che con la narrativa, anche con il buon cinema, che fa di questo agile librino una lettura leggera e difficile allo stesso tempo, ma impegnata, incisiva, perturbante. DALLA RECENSIONE DI GIUSEPPE NIBALI APPARSA SU “LA SICILIA”