
di Gianni Iacolino
Dall’abbattimento delle gibbie ( 1959 ) sono passati quasi sessantadue anni e quarantaquattro dalla demolizione del superbo cancello del viale vescovile. Le due gibbie consistevano in enormi serbatoi d’acqua interrati datati 1779-1789, con i colli in pietra a forma circolare sporgenti dal suolo per circa un metro. Avevano la funzione di preziosa riserva d’acqua per le abitazioni con scarsa autonomia idrica e, mattina dopo mattina , svolgevano, da secoli , il loro ruolo , grazie all’opera di robusti operai che facevano la spola, percorrendo il corso ed i vicoli con il loro pesante barilotto di legno sulle spalle.
Ogni mattina, quindi , grande animazione intorno alle gibbie fra urla , schiamazzi e proteste per file e precedenze non rispettate. Vedersi ” o chianu ‘u Puzzu “ era anche occasione di incontri ed, a volte, di scontri al mattino; la sera ” al chiaro di luna con fare cortese di coppie furtive copriste le intese “ . Sono questi alcuni dei versi che Giuseppe Iacolino compose d’impeto subito dopo la loro demolizione , sentendosi ” privato – e privato con la violenza – d’un frammento di noi stessi “. Così scriveva in un articolo di tanti anni fa.
Oggi, 2021, voglio riproporre LE GIBBIE , già pubblicata su ” La voce delle Isole Eolie ” nel 1960. Come sfondo propongo la splendida immagine di fine ‘ 800 da “DIE LIPARISCHEN INSELN ” dell’Arciduca L. Salvatore


			
			










