di Emanuele Carnevale
In riferimento al commento pubblicato dall’avv. Ziino riguardo il mio invito a partecipare alla manifestazione in solidarietà con il popolo palestinese, desidero esprimere alcune riflessioni. Non per alimentare polemiche, ma per riaffermare il valore del confronto civile e del diritto all’espressione, che rappresentano le fondamenta della nostra democrazia.
Il termine genocidio non è stato usato in modo superficiale o propagandistico. È una categoria giuridica precisa, introdotta dall’ONU nel 1948, che indica l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un popolo o un gruppo umano.
Gli episodi storici che lei cita – Dresda, Hiroshima, Nagasaki – sono eventi di guerra terribili, ma diversi: che non avevano come scopo quello che sta accadendo oggi a Gaza
Il dibattito su Gaza è aperto proprio perché diverse istituzioni, giuristi e organizzazioni per i diritti umani ritengono che ciò che sta accadendo abbia caratteristiche che possono rientrare in quella definizione. Io non sono il solo a pensarlo: ci sono prese di posizione pubbliche di organismi internazionali e accademici che parlano di genocidio.
Non è quindi una questione di “ignoranza” o di mancanza di studi, ma di interpretazioni diverse che meritano rispetto e confronto. La storia non dovrebbe essere usata per zittire, ma per comprendere. E se oggi, in un angolo del mondo, migliaia di persone muoiono senza voce, è doveroso non voltarsi dall’altra parte di fronte a una tragedia umanitaria di tale portata.
La manifestazione di Lipari è stata un gesto semplice, pacifico e collettivo. Nessuno ha imposto verità assolute, ma tutti hanno condiviso un sentimento: “non voltarsi dall’altra parte”.
Chi ha a cuore la giustizia, la pace e la dignità umana dovrebbe riconoscere che la forza delle parole non risiede nel loro tecnicismo, ma nella loro capacità di risvegliare coscienze.
Con rispetto.