Più soldi in busta sotto i 25 mila euro, dal 26 marzo auto blu all’asta, sblocco di 3 mld di fondi Ue
Auto blu all’asta, riforma del Senato e più soldi in busta paga. Quindi il piano casa, il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione, il Piano scuola, l’abbattimento del cuneo fiscale e il Jobs Act. Il governo di Matteo Renzi vara le prime misure economiche. È la cura choc che nelle speranze del governo aiuterà il Paese a ripartire. La conferenza stampa del premier, dal titolo «La svolta buona» parte con la conferma che «nei prossimi 100 giorni faremo una lotta molto dura per cambiare ad aprile la P.A, a maggio il fisco e a giugno la giustizia , provvedimenti che non fanno parte, non fanno parte, del pacchetto di oggi».
Un punto centrale del piano è «la riforma del Senato. Il Senato non voterà mai più la fiducia al Governo, mai più la Legge di stabilità. Oggi la legge elettorale sarebbe già approvata». Quindi una bella sforbiciata ai costi della politica: «Dal 26 marzo al 16 aprile le auto blu andranno all’asta come abbiamo fatto a Firenze, sono oltre 1500. Dal 26 marzo “venghino signori, venghino” andranno all’asta». Ma il nodo centrale è quello delle buste paga: «1000 euro netti all’anno a chi guadagna meno di 1500 mila euro al mese»: è quanto arriverà agli italiani grazie alle misure del governo. Il limite su cui noi ci attestiamo sono 25 mila euro lordi, circa 1.500 euro netti. I destinatari del nostro intervento non sono solo i ceti meno abbienti, ma anche un po’ di ceto medio». «La stragrande maggioranza degli imprenditori – ha spiegato Renzi – dicono `fai benissimo´ a mettere i soldi in tasca dei lavoratori. Ma noi ci occupiamo dei costi delle imprese, dal primo maggio i costi Inail saranno di 1 mld in meno, una legge del governo precedente ma che noi attuiamo». E sulla copertura delle misure assicura: ««Ho letto in questi giorni una polemica sulla copertura semplicemente incredibile. In-cre-di-bi-le. I soldi per mettere in tasca i 10 miliardi ci sono». «Per no – sottolinea il premier – è evidente che mettere in tasca mille euro in più aiuta la propensione al consumo ma è anche una misura di attenzione, di equità ed è frutto di una politica che dà il buon esempio. Un’operazione che definirei di portata storica».
TASSE
Il capitolo più caldo è quelle delle tasse. L’orientamento del governo sarebbe questo: i tre quarti delle risorse da destinare alla riduzione del cuneo fiscale andranno all’aumento delle detrazioni Irpef e verranno incentrate sui redditi fino a 15 mila euro l’anno. Se l’ammontare dei 10 miliardi, quindi, fosse confermato o addirittura rivisto al rialzo, alle detrazioni Irpef andrebbero destinati circa 7-7,5 miliardi ma forse anche di più. Il restante 1/4 di risorse dovrebbe invece andare a finanziare misure di semplificazione per le imprese.
EDILIZIA SCOLASTICA, SBLOCCO DEI CREDITI ALLE IMPRESE, PIANO CASA
L’intervento è importante. Non s’è mai visto un taglio da 10 miliardi di euro alle tasse. Accompagnato da un piano per la casa che dovrebbe valere 1,6 miliardi di euro, fiore all’occhiello del ministro Lupi. Più un altro piano per ristrutturare gli edifici scolastici da 2-3 miliardi. E ancora il pagamento dei debiti alle imprese private addirittura per 60 miliardi (di cui 27 miliardi sono già disponibili per il 2013, 20 miliardi per il 2014, il resto coperto dalle garanzie della Cassa depositi e prestiti). «Per la prima volta domani mettiamo in tasca agli italiani una significativa quantità di danari», esulta il premier. Renzi ne parla come di una cura-choc per l’economia. E in effetti così appare. Tanto che le parti sociali vengono invitate a valutare il complesso della manovra e non le singole voci. Ovvio, se ci si fermasse al derby tra Irpef e Irap ci sarebbe inevitabilmente un vincente e un perdente: o le imprese o i dipendenti. Ma se si guarda al complesso, allora si comprende meglio la benevola attesa di Maurizio Landini, leader della Fiom, dialogante con il governo, a differenza di Susanna Camusso, già sulle barricate. E s’interpretano meglio le parole di Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria.
JOBS ACT
Niente decreto per intervenire sul fronte del lavoro e degli ammortizzatori sociali, ma un disegno di legge delega, cioè il tradizionale strumento per realizzare una riforma. L’obiettivo è quello di una semplificazione della normativa. Si parte dall’arrivo del contratto unico di inserimento, a tempo indeterminato e a tutele crescenti ma senza le garanzie previste dall’articolo 18, almeno per i primi 3 anni. C’è poi il piano per riformare gli ammortizzatori sociali e sostituire la cassa in deroga con un sussidio di disoccupazione di tutela universale per tutti coloro che perdono il lavoro, anche per i collaboratori a progetto. Con il jobs act arriverebbe anche il nuovo codice del lavoro e una riorganizzazione delle agenzie del lavoro, finalizzata a sviluppare il progetto «garanzia per i giovani» lasciato in eredita dal governo Letta.
LE COPERTURE
Il commissario alla spending review Cottarelli ha confermato che per il 2014 è possibile risparmiare tre miliardi. Altri tre miliardi verranno dai risparmi sugli interessi sul debito pubblico grazie a uno spread sotto controllo. Altri 6 o 7 dovrebbero venire dalla spending review: il commissario straordinario Carlo Cottarelli ha trasmesso giusto ieri le sue proposte di intervento al Comitato interministeriale, presieduto da Renzi, e ne darà informazione oggi alla commissione Bilancio del Senato. E ancora: 1,5 miliardi di euro potrebbero venire dal taglio alle spese militari: è sul tavolo di Renzi una relazione a cura della delegazione del Pd in commissione Difesa, a prima firma il capogruppo Giampiero Scanu, ove si ipotizza un dimezzamento del programma F35 dell’Aeronautica (passando dai 90 velivoli preventivati a 45), un rinvio a tempi migliori del costosissimo progetto Forza-Nec dell’Esercito, la cessione di una portaerei. Il risparmio ipotizzato è da moltiplicare per i prossimi 15 anni. C’è poi il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che sta lavorando con le Regioni a una spending review da 10 miliardi di euro in tre anni. L’obiettivo è «recuperare risorse all’interno del sistema sanitario nazionale per poi reinvestirle nel sistema stesso».