La ruina de Lipare
Il 30 giugno 1544 inizia l’assedio di Lipari ad opera dell’armata di Ariadeno Barbarossa [Kheir-ed-Din, Hayreddin, originario di Mitilene, di padre greco e di madre andalusa. Signore di Algeri. 1466 – 1546].
Lipari era stata avvertita e si era preparata; non cedette, fu assediata. Furono giornate furiose di bombardamenti, scontri corpo a corpo, attacchi e difese, febbrili trattative tra i rappresentanti della comunità eoliana ed il corsaro di Algeri. L’assedio, con la resa della città, si concluse il 12 luglio. La città saccheggiata e incendiata. Migliaia di eoliani furono condotti in schiavitù a Istanbul (Costantinopoli) per essere venduti sul mercato degli schiavi.
Nei due secoli successivi la frase, “sta succedendo la ruina de Lipare”, diventa un modo di dire, drammatico, per rappresentare un disastro, il finimondo.
La cronaca del sacco di Lipari ci è stata conservata da Pietro Campis il quale, a sua volta, la derivò da un manoscritto, oggi perduto, redatto, dal gentiluomo liparese Giovanni Cesario.
La battaglia di Lipari è stata oggetto di numerosi studi da parte degli storici eoliani, di seguito ne elenco alcuni specifici dedicati all’assedio:
– Iacolino Giuseppe, I Turchi alla marina di Lipari – 1544 – Bartolino Famularo Editore, Lipari, 1985;
– Maurand Jerome, la flotta di Barbarossa a Vulcano e Lipari nel 1544, Centro di documentazione e ricerca per la Sicilia Antica “Paolo Orsi”, Palermo, 1994. Con una nota introduttiva di Vittorio Giusolisi;
– Raffa Angelo, La fine della Lipari medioevale. La guerra marittima turco-franco-spagnola del 1543-44 e la distruzione di Lipari ad opera del Barbarossa, in “Quaderni del Museo Archeologico Regionale Eoliano”, II, 1998.
Posso affermare che, ancora oggi, abbiamo ricerche in corso sugli eventi di quei giorni ed abbiamo rintracciato episodi inediti tali da modificare alcuni dati, episodi e fatti che sembravano assodati, che speriamo di poter dare alle stampe il più presto possibile.
Un’ultima parola sul Barbarossa. Il famigerato corsaro muore ad Istanbul nei primi giorni del 1546 (due anni dopo la distruzione di Lipari) per febbre. E’ sepolto vicino al Bosforo, a Besiktas, a nord della città, in un mausoleo costruito dal famoso architetto Sinan. Il luogo diviene il posto dove i nuovi capitani generali della flotta ottomana ricevono l’investitura della loro carica. Molte leggende nascono dopo il decesso del Barbarossa. Si racconta, fra l’altro, che il suo cadavere sia stato trovato quattro o cinque volte fuori della tomba per terra e che non sia stato possibile tenerlo tranquillo fino al consiglio di un mago greco di seppellirlo con il corpo di un cane nero. Per molti anni dopo la sua morte, nessuna nave turca lascerà il Bosforo senza sparare un colpo di artiglieria in segno di saluto per la sua tomba; il suo sepolcro, inoltre, diverrà un luogo di preghiera per i marinai musulmani.
Gli Eoliani, tuttavia, avranno modo di “restituire” alla Sublime Porta una parte delle sofferenze patite dai loro fratelli, ma questa è un’altra storia.
Giuseppe La Greca