L’ultima eruzione di Vulcano
La notte tra il 3 ed il 4 agosto 1888 il cratere di Vulcano sussultò violentemente. Furono scene apocalittiche quelle che si videro allora e che, a rapide intermittenze, si susseguirono per ben diciotto mesi. Colonne di fumo che si levavano dal cratere, bolidi di enormi dimensioni che cadevano in mare e nella piana del Porto, nuvoloni di ceneri grigiastre che venivano a posarsi sulla città e le campagne di Lipari. Il primo telegramma, spedito al prefetto dal Sindaco Giuseppe La Rosa in quella stessa notte, suonava così “Verificatesi tre eruzioni di ceneri e lapilli. Per ora nessun allarme“.
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Il Gran Cratere della Fossa iniziò a manifestare la ripresa dell’attività vulcanica sin dal 1873 attraverso forti detonazioni e con l’apertura, nel mese di settembre dello stesso anno, di una voragine nel fondo del cratere sul lato di nord-est, dove era collocata la così detta “Grotta delle fumarole”. Le manifestazioni più evidenti erano date da frequenti esplosioni con getto di vapore, cenere e pietre infuocate. Questo fenomeno era durato circa 45 giorni per poi ritornare alla iniziale quiete. Brevi eruzioni di cenere si registrarono, inoltre, nel luglio 1876, nel settembre 1877, e nell’agosto 1878: finché nel 1879, il 16 gennaio, si rimanifestò lo stato eruttivo allarmante, con energiche esplosioni intermittenti con presenza di vapori, cenere e pietre infuocate. In tale periodo all’interno del cratere si amplio la depressione iniziale sul fianco di nord-est, e subì altre notevoli modificazioni tali da renderlo difficilmente accessibile; per cui fu quasi abbandonata l’industria nel suo interno. L’attività eruttiva cessò nel corso del mese di giugno dello stesso anno, e per i successivi nove anni.
La notte del 3 agosto 1888, infine, il risveglio con il maggior grado di violenza mai registrato a memoria d’uomo nell’isola di Vulcano e nelle altre isole delle Eolie. L’eruzione è preceduta, nella notte tra il 2 ed il 3 agosto, intorno alla mezzanotte, da un leggero terremoto, avvertito esclusivamente dal fanalista che si trovava di guarda sulla Torre del Faro di Gelso, alta 33 metri.
Nella notte tra il 3 ed il 4 agosto dal cratere di Vulcano si vide apparire del fumo nero, rischiarato da frequenti lampi di scariche elettriche: e con detonazioni a poco a poco incalzanti, crebbe la intensità eruttiva, tanto che sul far del giorno, verso le 4,30, incominciarono forti esplosioni, che a brevi intervalli davano fortissime proiezioni di vapori, ceneri e massi infuocati, i quali ricadendo per un raggio di due chilometri dal centro del cratere, determinarono dei danni specialmente sul lato Nord, oggi l’abitato di Porto Levante, che aveva vaste aree coltivate, un caseggiato costituito dalle officine sparse della fabbrica, dall’abitazione del signor A. E. Narlian, (amministratore e comproprietario di Stevenson) e del reclusorio dei coatti, addetti pure ai lavori. I massi che piombavano come grandine, di cui alcuni voluminosi fino a mezzo metro cubico e più, sfondarono i tetti, incendiarono i depositi di zolfo accumulato nei magazzini, divamparono qua e là parzialmente delle vigne, dei boschi di ginestre e di piante arboree.
Gli abitanti dell’area di Vulcano Porto e Vulcanello, fortemente allarmanti, vengono evacuati nella vicina Lipari, mentre quelli del Piano e di Gelso, ancorché intimoriti non subiscono danni particolari se non la pioggia di cenere. Dopo le prime esplosioni forti, altre più deboli ne succedettero fino alle 10 del mattino, quando avvenne una ulteriore violenta eruzione, che eguagliò per intensità la prima.
Dopo le prime eruzioni il vulcano manifesta una tregua di circa 12 giorni, durante i quali da la sensazione di ritornare allo stato di normalità, ma all’alba del 19 agosto ricominciarono le eruzioni con esplosioni violente, sempre accompagnate da forti detonazioni, e con abbondante cenere carica di elettricità e mista ad altro materiale grosso e minuto. Il prodotto eruttivo, rappresentato da una immensa colonna di vapore e di cenere, spinta a due e più chilometri di altezza, si diffondeva nell’aria ed acquistava un aspetto grandioso.
L’attività eruttiva, ad intermittenza, andrà avanti per circa due anni per cessare definitivamente (almeno si spera).
Giuseppe La Greca