1° maggio , festa del lavoro. L’Anmil nazionale unitamente alla sezione di Messina presieduta da Annamaria Paino , il presidente regionale Antonino Capozzo, e il consigliere nazionale Salvatore Malaponti ricordano i Cavatori della Pomice .
Era il 1961 e su “La Stampa” Francesco Rosso portava alla ribalta nel suo pezzo sulle “paurose cave di pomice di un affamato paradiso” le condizioni disumane del lavoro sulla montagna bianca.
“Nei mesi estivi, quando il sole saetta implacabile, lavorare lassù è pauroso. La roccia libera un calore intollerabile, la polvere cocente soffoca, la sete tortura e i meno forti cedono. Un capogiro, uno sforzo maldestro per muovere sulla liscia parete le gambe impiombate di stanchezza, e la voragine si spalanca sotto gli ignari, che – storditi dall’insolazione – hanno già perduto conoscenza ancor prima di iniziare il volo di trecento metri verso l’abisso d’ombra…”.
Nei primissimi anni ’60 , 500 operai estraevano sino a due milioni di quintali di pomice l’anno, lavorando in galleria per 8 ore al giorno senza alcuna protezione per la propria incolumità.
Fu , comunque, la fotografa Cecilia Mangini , nel 1952 a far scoprire la realtà dei lavoratori e delle lavoratrici che rischiavano la vita per pochi spiccioli in una cava di pomice e molti di loro si ammaleranno di silicosi, alcuni in modo fatale.
Oggi quei luoghi sono, di fatto, abbandonati nonostante qualche intervento di messa in sicurezza. Il Tar, accogliendo il ricorso del liquidatore fallimentare della Pumex, Massimo Galletti, ha fatto cadere il vincolo etnoatropologico della Regione sull’intera area in considerazione del fatto che nessuno dei beni, presenti nella zona (oggetto di un sopralluogo dell’8 giugno 2021), risalirebbe ad almeno settanta anni prima, termine fissato per considerare i siti minerari di interesse storico o etnoantropologico, essendo la Pumex, costituita nel 1958”. Nei piani della Regione, dopo l’apposizione del vincolo c’era anche la possibilità di formulare una proposta diretta di acquisto degli immobili insistenti nel perimetro dichiarato di interesse culturale, a sua volta propedeutica – in ossequio a una risalente legge regionale del 1991, mai attuata – alla realizzazione nell’area del giacimento pomicifero di un Museo en plein air e di un Parco geominerario. Per il recupero ambientale delle aree e la valorizzazione dell’ex complesso produttivo era stata trovata anche la copertura finanziaria necessaria, pari a 4,5 milioni di euro .