A cura di Massimo Ristuccia
n. 25 del 21.10.1934 l’Osservatore Romano della domenica.
Monumenti di pietà e d’arte nel venticinquennio episcopale di S. E. Mons. Angelo Paino.

L’Arcidiocesi di Messina ha ricordato in questi giorni con una festa di anime, il giubileo episcopale del pastore amatissimo Mons. Angelo Paino. Son già trascorsi venticinque anni da quando il compianto Arcivescovo Mons. D’Arrigo conferiva, nella Cattedrale di Acireale, la dignità episcopale a quel Sacerdote, che ancora non aveva raggiunto i quarant’anni, dall’occhio vivo e penetrante, impaziente di correre tra i Figli che la Provvidenza gli aveva assegnato, per rinnovare per costruire.
E ritornava il giovane Vescovo nelle sue pittoresche isole Eolie in una fulgida giornata di quell’estate memorabile, mentre il cuore « Sentiva un palpito nuovo e un’arcana trepidazione gli toccava l’anima come se nuovi vincoli lo stringessero a cuori che sentiva come diramazione del suo cuore» mentre mille anime lo invocavano e un coro di voci angeliche, la cui eco si perdeva nell’immensità del Tirreno, ripeteva anche a Lui come già in un giorno lontano le turbe di Gerusalemme cantavano a Colui, nel nome del quale Egli veniva, a lenire gli affanni, a ridonare la pace, a rasciugare tante lagrime: Benedidus qui venit!
E proprio qualche tempo fa Mons. Paino, superato il mare, raggiungeva la sua isola natia, campo del primo apostolato dei primi dolori, e vi celebrava come allora
nella suggestiva Cattedrale, lassù nell’Acropoli di Lipari, un solenne Pontificale. Tutto immutato: l’isola leggendaria che vanta
civiltà preistoriche, il tempio silenzioso contro cui si frangono le onde e sibilano i venti. Solo l’Arcivescovo è meno agile nel salire i gradini del solio e molti che a quel primo pontificale del Vescovo concittadino avevano pianto di gioia, non c’erano più. E quanto aveva lavorato, quante cose aveva rinnovato il Pastore in cinque lustri con quanta fatica aveva dissodato e seminato in questa sua prima Diocesi e poi nella sede Arcivescovile di Messina dove era stato necessario rifare tutto, dare nuovo impulso e nuova vita
alle anime smarrite che avevano perduto con la casa la fiducia nella vita, la speranza in Colui che atterra e suscita, che dalla morte fa sgorgare la vita. Dalle sedici Parrocchie fondale nelle isole Eolie, alle opere innumerevoli ricostruite a Messina la
Cattedrale normanna, le cento e cento chiese riedificate, gli istituti di beneficenza e di educazione han dato asilo a migliaia di derelitti e i soccorsi recati personalmente da Lui solo a chi avrebbe preferito
qualsiasi sofferenza piuttosto che chiedere aiuto, è tutta una somma di quotidiani sacrifici di cui non è possibile parlare e che han fatto rifluire la vita in questa città risorta forse più bella certo miglioro dall’attività eccezionale del suo Pastore. Ma quello che volevo rilevare in questa circostanza non son già queste cose, note, almeno in parte, ai più e non solo qui, le quali costituiscono da se stesse un monumento più perenne del bronzo al nostro Arcivescovo, ma volevo, almeno accennare ad una Sua Lettera, alla prima lettera pastorale che Mons. Paino scriveva in Acireale, quando il Capo e le Mani erano ancora fragranti del Sacro Crisma.
L’ho scoperta, a caso, consultando un
giorno il catalogo della biblioteca universitaria — ricca degli incunaboli e dei manoscritti dell’Archimandritato di Messina.
Solo chi la legge può veramente dire di capire e conoscere il nostro Arcivescovo. Certi lati che sembrerebbero meno chiari della sua vivissima attività sono pienamente illuminato da questo documento
sgorgato dal Cuore del giovane Vescovo e al quale Mons. Paino hà tenuto fede in questi così vari venticinque anni di episcopato. La carità è la tessera dell’Episcopato del nostro Pastore e l’amore ispirato da Dio e in Dio rafforzato e benedetto sarà la guida costante di tutta la vita sua e la intima forza e il segreto delle vittorie. E ammonisce: «questo amore santo vorrei che fosse anche la tessera di tutti voi; o fratelli e figli miei! dedicatevi pure ai vostri negozi, a le cure onde si aggrava la vita, migliorate le vostre sorti, ma vogliate purificarvi santificarvi, nel lavacro dell’amore in cui gli ideali e le cure si abbelliscono, e le stesse trepidazioni nobilitandosi sprigionano rigoglio di vita e si rendono feconde di frutti copiosi ». Questo chiedeva il giovane Vescovo, come già l’Apostolo San Giovanni: Filioli diligite alterutrum. E vi accorgete allora, continua, « che il genere umano è migliore di quel che non si creda, che nell’uomo, anche il più perverso, vi ha quasi sempre un fondo buono, che il cattivo di oggi non sarebbe tale se avesse trovato ieri un amico che l’avesse, sorretto, illuminato, arrestato su la via del male”.
Sublimi parole che dovremmo ricordare un po’ lutti e praticare. Invece di volgere il viso dall’altra parte quando «’incontrano degli uomini più infelici che colpevoli. Ecco perchè, nelle tarde ore della
sera, quando flgliol prodigo sale furtivamente quasi, le scale dell’Episcopio e va dritto nello studio dell’Arcivescovo. I soli, questi fratelli, che dopo una giornata laboriosissima del Pastore possano con Lui intrattenersi a lungo. E nella stessa lettera ammonisce i suoi Curati: sono appunto i nemici che dobbiamo avere a fratelli più
cari, essi dobbiamo ricercare, attirare, far nostri… Amate vi dirò sempre anche a ritroso del cuore, anche quando vi si odia e vi si deride e vi si disprezza e vi si calunnia.
Sarà forse quest’amore il prezzo della salvezza di qualche anima.
Di questa luce brillano i venticinque anni di episcopato di Mons. Paino: è questo amore sovrannaturale la caratteristica
della sua vita, e se non temessi di offendere la sua virtù di quali e quanti episodi potrei abbellire queste note affrettate e scialbe! Quanti a lui si sono rivolti furono consolati, molti, senza chiedere, ebbero la sua protezione e il suo aiuto; non solo nella Diocesi ma nella stessa Capitale.
Tra il fulgore della risorta Cattedrale, mentre l’organo monumentale sprigiona divini concerti Egli risale il mistico Golgota, rifiorente di quella giovinezza perenne che allieta i Sacerdoti di Cristo e mi sembra proprio che da quell’altare dominato dal mosaico d’oro del Cristo benedicente, Egli non sappia che ripetere, come già in quel
lontano giorno della sua consacrazione, a questi figli devoti, il suo monito accorato;
« Filioli diligite alterutrum».
P. Bonardelli