E con grande piacere che pubblichiamo un articolo di Media Inaf il notiziario on line dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. Tra le Monthly Notices of the Royal Astronomical Society c’è il recente studio guidato dalla liparese Chiara Buttitta dell’Università di Padova. Basato su osservazioni condotte con il Very Large Telescope dell’Eso e su modelli dinamici, ha permesso di fornire la prima evidenza sperimentale del fatto che la rotazione delle barre nelle galassie lenticolari e a spirale dipende dalla concentrazione di materia oscura nelle regioni centrali delle galassie. Chiara Buttitta si e` laureata in Astronomia e ha completato il Dottorato di Ricerca in Astronomia a Padova, collaborando con prestigiosi istituti di ricerca internazionali. Sosterra` l’esame finale di dottorato fra due settimane e poi si trasferira` a lavorare presso l’Osservatorio Astronomico di Capodimonte a Napoli. A lei i migliori auguri del Giornale di Lipari
Per via delle loro forme complesse, le spirali sono senza dubbio le galassie più affascinanti tra quelle che popolano l’universo vicino. Esse sono immediatamente riconoscibili per i lunghi bracci, che si avvolgono attorno al nucleo e in cui si concentrano stelle giovani e brillanti, nebulose gassose, ammassi aperti e condensazioni di polveri. I bracci sono così appariscenti da determinare la struttura globale della galassia, anche se in realtà contribuiscono solo a una piccola percentuale della sua massa totale.
Nelle galassie a spirale normali i bracci si dipartono direttamente dal nucleo, mentre nelle galassie a spirale barrate iniziano dagli estremi di una componente luminosa di forma vagamente rettangolare, detta barra, o da un anello che la circonda. Al centro della barra si trova il nucleo della galassia. La maggior parte delle galassie a spirale possiede una barra e anche la Via Lattea non fa eccezione, essendo una spirale barrata. Ma lo studio della struttura della nostra galassia si è rivelato particolarmente complicato per via delle nubi di polvere, che ci impediscono di vedere in profondità e che si addensano sul piano galattico, proprio là dove si trovano sia la barra sia i bracci di spirale. Infatti, si dovette aspettare l’inizio degli anni ’50 perché fosse prodotta la prima evidenza sperimentale della presenza dei bracci di spirale e addirittura la fine degli anni ’90 per avere la certezza dell’esistenza della barra. Anche le galassie lenticolari possono avere una barra, ma a differenza delle spirali non hanno i bracci. Tra le galassie vicine ben l’80 per cento sono lenticolari o spirali, e dato che nel 70 per cento dei casi osserviamo una barra, allora possiamo concludere che oltre la metà delle galassie entro 100 megaparsec dalla Via Lattea possiede una barra.
Le stelle nella barra si muovono su orbite complesse e fortemente allungate, che sono molto diverse da quelle regolari e quasi circolari delle stelle del disco che periodicamente attraversano la barra e i bracci di spirale nel loro viaggio attorno al centro galattico. La barra a sua volta possiede un moto d’insieme e ruota attorno al centro della galassia. La velocità di rotazione della barra è dettata dalla distribuzione di massa della galassia, a cui contribuiscono non solo le stelle del nucleo, del disco e della barra ma anche la materia oscura contenuta nell’alone. Le predizioni teoriche e le simulazioni numeriche ci dicono che quanto maggiore è il contenuto di materia oscura al centro di una galassia tanto più lentamente ruoterà la sua barra. In pratica, la materia oscura frena la barra con effetto simile a quello che ha l’acqua sull’elica di un motoscafo che sobbalza sulle onde. L’elica, infatti, ruota più lentamente quando si trova sotto il pelo dell’acqua e più velocemente quando invece è esposta all’aria.
Se dalla rotazione della barra si ricava il contenuto di materia oscura al centro delle galassie allora, in linea di principio, è possibile verificare i modelli cosmologici che vedono nella materia oscura il loro ingrediente fondamentale, in particolare quelli che predicono l’esistenza di aloni oscuri molto concentrati.
Per determinare la rotazione delle barre sono stati messi a punto diversi metodi, alcuni dei quali molto ingegnosi, che studiano la curvatura delle bande di polvere che corrono lungo la barra, la distribuzione e i moti dell’idrogeno neutro, la posizione delle regioni di formazione stellare lungo i bracci di spirale o quella degli anelli che circondano la barra. Si tratta di metodi indiretti soggetti a forti incertezze, al contrario di quello che si basa sulla misura della posizione e della velocità media delle stelle lungo la barra. Questa tecnica richiede dati di eccezionale qualità per mappare con grande precisione i moti delle stelle su tutta l’estensione della galassia. Le misure ci dicono che le barre ruotano velocemente e che quindi devono trovarsi in aloni oscuri poco densi.
Solo recentemente sono state identificate le prime galassie che ospitano una barra lenta al di là di ogni ragionevole dubbio. Era l’occasione che Chiara Buttitta, dottoranda dell’Università di Padova, aspettava. «Abbiamo scelto due galassie simili per morfologia, luminosità e dimensioni, ma diverse per velocità di rotazione della barra con lo scopo di determinarne la quantità di materia oscura», racconta Buttitta, che ha costruito dei modelli dinamici per riprodurre la distribuzione e la cinematica delle stelle in Ngc 4264, che ha una barra veloce, e in Ngc 4277, la cui barra invece è lenta. «Abbiamo trovato che nella regione della barra, la frazione di materia oscura è significativamente più alta in Ngc 4277 rispetto a quella presente in Ngc 4264. È la prova definitiva che l’alone oscuro frena la barra e che il rallentamento è maggiore dove c’è più materia oscura».
Il risultato è stato pubblicato questo mese su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, e Buttitta ora sta lavorando a simulazioni numeriche di galassie che riproducono in dettaglio Ngc 4277 per studiare l’evoluzione della barra dal momento della sua formazione fino a oggi. Si tratta di un lavoro che guarda con molto interesse alla recente scoperta di galassie barrate a z~2 fatta dal James Webb Space Telescope. Trovare barre quando l’universo non era più vecchio di 2 miliardi di anni prova che anche le galassie a disco evolvono molto rapidamente assumendo già 10 miliardi di anni fa le forme che oggi vediamo.
«È stato per noi un anno davvero fortunato che ripaga la nostra perseveranza: la nostra lunga caccia alla barre lente ha finalmente dato i suoi frutti», commenta Enrico Maria Corsini, docente dell’Università di Padova e associato Inaf. «Nell’arco di pochi mesi abbiamo scovato una barra lenta sia in Ic 3167, una galassia nana molto disturbata, e in Ngc 4277, che invece è una galassia gigante senza peculiarità morfologiche. Proprio grazie a Ngc 4277 siamo riusciti a verificare teorie dinamiche, che da un quarto di secolo attendevano di essere messe alla prova dei fatti».
Alla ricerca ha contribuito anche un altro associato Inaf, Lorenzo Morelli, docente all’Universidad di Atacama, in Cile. «Ancora una volta», dice a Media Inaf, «la strumentazione dello European Southern Observatory si è rivelata decisiva per farci progredire nella conoscenza della struttura delle galassie. Solo il Multi Unit Spectroscopic Explorer (Muse), che è montato su uno dei quattro telescopi del Very Large Telescope qui vicino nell’osservatorio di Cerro Paranal, aveva la sensibilità necessaria per fare le misure di alta precisione della rotazione della barra che ci servivano per chiudere la partita».