A cura delle dott.sse Chiara Caracò e Moira Casella
Il 25 Novembre vogliamo ricordare la Giornata Internazionale per l’eliminazione della Violenza contro le donne per dire basta ad ogni forma di maltrattamento fisico, sessuale, verbale e psicologico.
Ogni anno in Italia 15 mila donne subiscono violenze per lo più in famiglia. Questi sono i dati di chi denuncia, ma non tutte le donne lo fanno, soprattutto nei casi in cui le violenze si consumano tra le mura domestiche. Nel 60% dei casi l’autore della violenza è proprio il partner (48% marito, 12% convivente) e nel 23% è l’ex partner. Mentre nel 25% la violenza è a opera di parenti, amici, colleghi e datori di lavoro. Ma è sconvolgente che il 20% degli abusi e maltrattamenti avviene durante la gravidanza.
Sono stati aggiornati i dati sul fenomeno della violenza contro le donne al 2014. Fenomeno che continua ad essere grave e diffuso. Il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni (6 milioni 788 mila) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Il 20,2% (4 milioni 353 mila) ha subìto violenza fisica, il 21% (4 milioni 520 mila) violenza sessuale, il 5,4% (1 milione 157 mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652 mila) e il tentato stupro (746 mila). Le donne subiscono anche molte minacce (12,3%). Spesso sono spintonate o strattonate (11,5%), sono oggetto di schiaffi, calci, pugni e morsi (7,3%). Altre volte sono colpite con oggetti che possono fare male (6,1%). Meno frequenti, ma seppur presenti, le forme più gravi come il tentato strangolamento, l’ustione, il soffocamento e la minaccia o l’uso di armi. La maggior parte delle donne che avevano un partner violento in passato, affermano di averlo lasciato proprio a causa delle violenza subita (68,6%). In particolare, per il 41,7% è stata la causa principale per interrompere la relazione, per il 26,8% è stato un elemento importante nella decisione.
Solo nel 2012 in Italia sono state uccise 124 donne, mentre nel 2013 il numero è salito a 179 (con una media di una donna ogni due giorni). Nonostante nel 2014 il numero sia sceso a 115, il dato resta allarmante se aggiungiamo i tentati femminicidi che si aggirano intorno al centinaio. In questo caso parliamo di “femminicidio” e nel 60% dei casi è avvenuto tra persone che avevano una relazione di affetto e di fiducia. Per femminicidio si intende una qualsiasi violenza fisica, sessuale o psicologica che attenta alla salute psico-fisica, alla libertà e alla vita della donna con l’obiettivo di sottometterla, annientarla e ucciderla (Marcela Lagarde, 1993). Ma l’omicidio è il culmine di una vita di violenze e non un momento di follia o un raptus di rabbia.
Prima di arrivare all’omicidio, spesso, soprattutto quando l’uomo è lasciato dalla propria partner, non riesce a superare l’abbandono perché ritiene la donna una “cosa” di sua proprietà, e mette in atto comportamenti quale il perseguitare la donna, pedinarla, chiamarla continuamente, scriverle centinaia di sms al giorno e minacciarla. In questo caso parliamo di “stalking”.
Non vogliamo e non possiamo stare solo a guardare, allora il nostro obiettivo è diventato quello di sensibilizzare la popolazione per farsi che si possano individuare precocemente le situazioni di rischio e i segnali d’allarme. Segnali che devono essere attenzionati dalle donne, dai loro familiari, dai medici di famiglia, dagli amici.
I segnali d’allarme sono i comportamenti aggressivi del partner, verbali e fisici (un urlo improvviso, un gesto spazientito), insulti, minacce, conflitti continui soprattutto per futili motivi, eccessiva gelosia che comporta privare della libertà la partner e ritenerla un proprio possesso facendo si che abbandoni il lavoro e i rapporti con gli amici e con la famiglia d’origine. Un’altra caratteristica è il sentimento di dominanza di un partner sull’altro e la totale mancanza di rispetto e di affetto (“chi ti ama non ti picchia”). Inoltre, l’uomo mette in atto comportamenti manipolatori alternando l’aggressività con la dolcezza e la gentilezza con cui chiede scusa promettendo che non accadrà più. Ma tale promessa non riesce mai a essere mantenuta. E la totale incapacità di gestire sentimenti di frustrazione, fragilità, umiliazione che si tramutano in aggressività e violenza.
Senza giustificare tali comportamenti, si deve tener conto che molte ricerche hanno osservato che il 20% di uomini abusatori sono cresciuti in ambienti violenti e a loro volta hanno subito maltrattamenti e sviluppato disturbi clinici e di personalità.
Mentre le donne vittime di violenza tendono a sviluppare sensi di colpa, angoscia, insicurezza e vergogna, non “vedono” alternative oltre la sottomissione, credendo di meritare i maltrattamenti subiti. Sviluppano una dipendenza dal proprio partner che gioca un ruolo fondamentale nel mantenimento della catena “mi picchi-ti perdono-mi ripicchi”, soprattutto in famiglie con figli piccoli da crescere. Tutto ciò si può tradurre in un malessere generalizzato che si riversa in abuso di alcool, droghe, psicofarmaci e sviluppo di disturbi psicologici quali depressione, ansia, attacchi di panico, disturbi dell’alimentazione e del sonno, disturbi psicosomatici e da stress, arrivando anche a tentare il suicidio.
Abbiamo voluto dare un quadro chiaro della situazione, perché crediamo che l’informazione sia la prima arma per sconfiggere il silenzio. Negli anni, nel nostro territorio sono cresciuti i centri antiviolenza cui potersi rivolgere, che affiancano la donna in questo difficile percorso di cambiamento grazie a figure specializzate, quali l’avvocato, lo psicologo, il medico, l’assistente sociale, fondamentale alla presenza di figli nella coppia. Lo sportello di ascolto “Ti Ascolto” Contro La Violenza Sulle Donne, nato a S’Agata Militello, e quello nato a Lipari lo scorso anno, hanno proprio questo obiettivo.
È stato anche istituito il Telefono Rosa, un centralino antiviolenza sul territorio italiano che risponde al numero 1522, promosso dal Dipartimento per le Pari Opportunità e che offre accoglienza telefonica multilingue, attivo 24/24 h per 365 giorni l’anno e che indirizza alle casa accoglienza più vicine nella propria provincia, a gruppi di sostegno a cui partecipare e le consulenze specialistiche da effettuare.
Inoltre, riteniamo molto importanti le campagne di sensibilizzazione e prevenzione contro la violenza sulle donne, come quella svoltasi lungo tutto il mese di novembre del 2013 a Lipari dalla Commissione Politiche Sociali ed Istruzione della Consulta Comunale Giovanile e i due convegni aperti alla cittadinanza, e soprattutto ai giovani studenti, presso il Castello Gallego di Sant’Agata Militello rispettivamente il 24 aprile 2015 e il 15 Marzo 2014, grazie alla collaborazione tra l’Associazione Giovani per Sant’Agata e la Consulta Giovanile del Comune di Lipari e i numerosi professionisti che ne hanno preso parte.
Nell’ambito dei lavori svolti con la Consulta Giovanile, oltre ad informare e sensibilizzare la cittadinanza e in particolare gli studenti della scuola media superiore “I.Conti E. Vainicher” e aver attuato corsi di auto-difesa, è stata portata avanti una ricerca, tramite questionario anonimo, effettuata nell’anno 2013/2014. I risultati della ricerca hanno evidenziato che le donne tra i 14 e i 69 anni considerano chi usa violenza una persona con problemi psichiatrici (23%) e incapace di comunicare verbalmente i propri sentimenti (21%). Il 13% del nostro campione si è aperto con noi, affermando di aver subito violenze verbali, fisiche e psicologiche dal proprio partner o ex, e ben il 38% conosce donne che hanno subito in passato per mesi (29%) e addirittura anni (44%) violenze varie prevalentemente in casa, cioè nel luogo che dovrebbe essere considerato il focolare intimo e sicuro (74%). Nonostante il 26% degli intervistati riconosce che la cosa più giusta da fare sia rivolgersi alle forze dell’ordine e denunciare, non è poi così semplice e automatico farlo.
Per indagare questo aspetto, e in particolare, i comportamenti delle donne di fronte ad atti di violenza dei propri partner abbiamo collaborato ad una ricerca attivata dallo Sportello d’Ascolto di S.Agata Militello, nel 2014/2015. I risultati della ricerca hanno rilevato che la maggior parte delle donne tra i 21 e i 65 anni considerano chi usa violenza come una persona con seri problemi da non sottovalutare, non lontano dal pensiero emerso dalla ricerca dell’anno precedente a Lipari. Nel 75% del campione si delinea un profilo di donne che assume un atteggiamento assertivo, senza aggressività o passività di fronte a possibili atti di violenza da parte del partner. Nel caso in cui i litigi o i comportamenti di violenza avvengano davanti ai figli, si rilevano profili di donne che assumono atteggiamenti passivi al fine di proteggere i propri bambini. Pertanto, sarebbe utile indagare se il comportamento assertivo di fronte ad atti di violenza, emerso dalla nostra ricerca, sia correlato con il “non essere vittime di violenza”, ovvero, si pensa di reagire in maniera assertiva solo perché la donna non ha vissuto l’atto della violenza.
Questo è un breve abstract di ciò che le dott.sse Caracò e Casella pubblicheranno a seguito di ulteriori indagini, che sono in corso d’opera, al fine di indagare con più dati e variabili le varie ipotesi. Ringraziamo tutti coloro che hanno dedicato il loro tempo al nostro lavoro e quanti ancora si spenderanno.
Insieme si può dire NO ALLA VIOLENZA!
Dott.sse Chiara Caracò e Moira Casella